Arriva prima o poi nella vita di ogni artista il momento del confronto con i propri padri putativi, un momento questo che sovente si risolve o con l’uccisione (in senso edipico) del genitore o nel venirne uccisi, risultando così incapaci di dimostrare di aver compreso la loro preziosa lezione e, soprattutto, cosa più importante, di essere abili nel integrarla con il contenuto del proprio bagaglio esperenziale.
Fortunatamente Luca Swanz Andriolo dei Dead Cat in a Bag (che per l’occasione sceglie il moniker Swanz The Lonely Cat) riesce nel difficile compito di assassinare la fitta schiera di artisti che decide di omaggiare in questa sua prima sortita solista. Luca aggiunge ampiamente del proprio, regalandoci così delle rivisitazioni per nulla pedisseque, piene anzi di spunti d’interesse, capaci di catturare l’attenzione dell’ascoltatore più smaliziato.
Il nostro Gatto Solitario è abituato a intraprendere sentieri tortuosi e poco battuti, gli stessi seguiti con la band madre in tanti anni di esplorazioni musicali. Percorsi sonori questi che lo hanno portato spesso a varcare idealmente i confini nazionali per incrociare gli strumenti con tradizioni che poco ci appartengono, come quelle messicane e balcaniche, oltre che la canzone d’autore francese e il blues più oscuro (e in odore di zolfo), senza dimenticare qualche irrinunciabile sortita new wave; non potevano quindi mancare riletture di Hank Williams (qui presente con una spettrale versione della sua “Cold Cold Heart”), Bob Dylan (Shane McGowan che affronta “All Along the Watchtower”?), i Joy Division in salsa No Depression (“The Eternal”), fino alla rivisitazione di un classico di Elvis Presley, quella “Love me tender” che tra le mani dell’ispirato musicista piemontese disvela tutto il suo carico di inquietudini mal celate e nascoste sotto il tappeto da decenni di smielate interpretazioni.
“Covers on my bed…” è un lavoro che si muove tra il folk e il lo-fi, che riesce, lavorando per sottrazione, ad arricchire-anche grazie anche ad una sentita interpretazione- canzoni che sembravano non avere quasi più nulla da dire, svuotate com’erano di significato dalle migliaia di rivisitazioni che hanno conosciuto nel corso degli anni, ma che attraverso il trattamento di Luca Swanz Andriolo risultano, se possibile, arricchite di pathos e intensità .
Queste dieci canzoni sono descritte perfettamente dal titolo scelto per l’occasione; sono coperte che riscaldano il cuore, regalando tepore e senso di sicurezza, ma al contempo ci lasciano svegli nel cuore della notte, perchè la mente adagiata su un cuscino di pietre non conosce riposo, essa può solo vagare persa tra il sogno e la veglia, smarrita tra i vasti e impervi spazi sconosciuti che il blues deve ancora scoprire.