Il ritorno dei Future Islands era uno dei principali eventi attesi questa primavera, tra le diverse uscite che hanno cominciato a scaldare la stagione. “Singles”, l’LP precedente (datato 2014), aveva bissato una strada piuttosto riconoscibile, che il trio di Baltimora aveva calcato come viatico verso un’ascesa su lidi rosei, accedendo ad un pubblico ampio. Questo capitolo (ancora una volta firmato 4AD), pur sulla scia idealistica del precedente album, sembra soffrire della pressione mediatica che proprio la loro affermazione sulla scena ha portato negli ultimi tre anni.
Un pop elettronico che incontra il rock più radiofonico, qui in maniera più celata rispetto ai precedenti successi, dentro cui si fa strada una new wave soffice da giornate primaverili, non particolarmente cangiante ma sempre piacevole. A dirla tutta, anzi, “The Far Field” sembra mantenere una coerenza sin troppo marcata del suo obiettivo, concentrando in ciascun pezzo elementi quasi sempre ricorrenti e non uscendo mai dal suo personale habitat. Questa la debolezza principale di un disco che sa di luce, di grandi emozioni, seppur rimanga costretto nella sua misura mai sanamente folle. Il “campo più lontano”, nella figura retorica che è del titolo, è forse rimasto nelle intenzioni, mentre la misura del passo è sicuramente più ponderata e cosciente di territori molto più vicini.
Della positiva energia di band come i Future Island c’è comunque bisogno, perchè, abbandonando per un attimo la sfera critica nuda e cruda, le atmosfere di questo quinto album hanno comunque tanto da dire, nel complesso, su cosa rappresenta oggi la loro idea di musica. C’è sempre modo, tempo e spazio per viaggi più a lungo raggio, che Herring e compagni hanno dimostrato voler provare a realizzare. Li aspetteremo in futuro in nuove e più sorprendenti vesti, tra le melodie di “Ran”, “Shadows” e “Cave”.
Credit Foto: Tim Saccenti