è trascorso un decennio dal suo ultimo long-playing, ma non si può accusare Burial di essersene stato con le mani in mano. “Subtemple/Beachfires”, sesto di una serie di singoli/ep usciti da “Untrue” e mantenutisi su livelli medio-alti (raggiungendo il sublime con lo splendido “Kindred”), introduce una novità piuttosto ingombrante nella produzione del producer britannico: l’assenza di beat.
Ecco perchè l’ascolto, specialmente il primo, potrebbe disorientare. Molti dei segni particolari della musica di Will Bevan, tuttavia, son sempre lì: crepitii di vinile, campionamenti vocali (tra cui quello di Hannah DB che canta un verso di “Goodbye My Lover” di James Blunt) e le solite tinte plumbee a colorare i cieli di South London.
E il riferimento all’altezza non è casuale. Ricorderete la copertina del’omonimo disco d’esordio: una Londra scorta attraverso le nubi, scheletrica al punto da sembrare evanescente. è questo il punto di vista che “Subtemple/Beachfires” adotta. Il drone a forma di mulino solca i cieli della metropoli restituendocene frammenti impressionistici che recano sempre la caratteristica emotività cui Bevan ci ha abituato.
Laddove “Subtemple” è con tutta probabilità la traccia più inquietante del catalogo burialano, con una tensione montata sull’incastro di field recording e vuoti improvvisi, “Beachfires” allenta parzialmente la presa guadagnandone appena in epicità , grazie ad una linea di synth reiterata su pitch differenti e aperture celestiali.
Non sarà una novità in termini assoluti, d’accordo, ma questa spettralità esasperata in Burial non si era mai sentita. Ed è una spettralità esasperata che va a incastonarsi leggiadra nella produzione di William Bevan e suona incontrovertibilmente “Burial”. Cioè benissimo.