Per chi non avesse più avuto il piacere di ascoltare negli ultimi due lustri la miglior indie rock band di Svezia, quest’anno non farà proprio un affare. Se generalmente mantenere la soglia di ascolto dopo i primi tre dischi è abbastanza complicato, giunti all’ottavo il punto focale è la presunzione di arrivarci puntualmente come una rock’n’roll band sbucando poi con composizioni elettronicamente artificiose. è da considerare la nuova alma mater questa scelta condivisa da altre formazioni tipo Kasabian o Kaiser Chiefs?
In tempi non sospetti questi Rolling Stones della Scandinavia amalgamavano la voce alta e consistente di Dixgà¥rd con quella di Norèn, più bassa è limitata. I più i due frontman si scambiavano idee nella scrittura dei pezzi e ne definivano il taglio; difendevano un’immagine da figli degli anni sessanta nel look e nel suono; possedevano un’identità distintiva.
Ora sono tempi duri. Norèn nel 2015 ha mollato bagagli e burattini e ora tutto è nelle mani dell’altro. Quello che è in grado di badare a se stesso e ai compagni ma che alla prima prova da amministratore unico latita di idee vincenti. Si prosegue sulle orme del precedente à†lita ma il disco manca di completezza. Si prediligono le effusioni sonore alternative di fine anni settanta ritagliando alcuni spazi per le chitarre contaminate dal funk. Accade in “Money” che peraltro è intelligente e ben studiato in una fase totale di rinnegamento del rock. I singoli “Shake” e “Good Times” sono sperimentalmente confusionari. In un concetto riassumono tutto ciò che non ti aspetti dopo una lunga attesa. O probabilmente qualcosa di gradevole che non pensavi potrebbe piacerti. “Without Love” è una moderna “Je t’aime”…moi non plus”, elaborata con una voce melensa. One two three è un gran bel pezzo, vigoroso, una filastrocca pop che il sottoscritto avrebbe visto bene come chiave di apertura di un discorso musicale importante.
Insomma ai Mando Diao restano comunque addosso abiti decenti, delle facce un po’ carine e una gran voglia di stare a galla.