Due fratelli, più di quaranta anni di carriera, ventitre album. E’ questa la matematica degli Sparks, musicisti seri con una vena di sana follia e una capacità di reinventarsi che poche band hanno avuto. La premiata ditta Russel & Ronald Mael ha cavalcato le mode (anticipandole a volte). Il falsetto di Russel e le tastiere del baffuto Ron, le tastiere del baffuto Ron e il falsetto di Russel uniche costanti di uno stile in mutazione continua, sempre in bilico tra pop, dance, glam, rock anche grazie a collaborazioni prestigiose (Giorgio Moroder e Tony Visconti giusto per fare qualche nome). Colti, camaleontici, prolifici, autori di testi che giocano con parole e liberissime associazioni, hanno influenzato generazioni di musicisti al di qua e al di la dell’oceano. Di loro hanno parlato (bene) Arcade Fire, Erasure, Faith No More, Morrissey oltre ovviamente a quei Franz Ferdinand con cui due anni fa hanno formato il supergruppo FFS.
Quindici canzoni pop di tre ““ quattro minuti. Questo doveva essere “Hippopotamus”, lontano quindi dagli arrangiamenti orchestrali di quel “Lil’ Beethoven” che nel 2002 aveva rivitalizzato la carriera dei fratelli Mael. Ma nel mondo degli Sparks nulla è mai come sembra e si vede fin dalla copertina, con quell’ippopotamo spuntato dal nulla in una classica piscina losangelina, insieme a un dipinto di Hieronymus Bosch, a un pulmino Volkswagen del 1958 guidato da un hippie, a una donna con un abaco e a altre due o tre cose che si scoprono scorrendo il testo della title track. Giocano col passato gli Sparks e lo fanno con orgoglio. A un album di troppi anni fa chiamato “Interior Design” oggi ribattono con l’eleganza ammiccante di “Scandinavian Design” e con le piroette vocali di “Bummer”, “Giddy Giddy” e “Unaware”. E potrebbe esserci un disco degli Sparks senza un capitoletto dedicato all’amore in ogni sua forma? Certo che no. E quindi spazio alla normalità non così noiosa di “Missionary Position”, al vorrei che tu fossi diverso di “I Wish You Were Fun” e a “Life With The Macbeths”, cantata insieme al soprano Rebecca Sjöwall, che trasforma la tragedia di Shakespeare in un reality show (“one season it’s all you’ll see“; “each murder the ratings soar“).
I fratelli Mael si sa sono appassionati di cinema e dopo “The Seduction Of Ingmar Bergman” e una collaborazione che doveva essere e mai sarà con Jacques Tati, uniscono le forze con il regista francese Leos Carax (autore di “Boy Meets Girl” e “Rosso Sangue”) in una “When You’re A French Director” che sembra uscita da “Appuntamento a Belleville”. Insieme a Carax dovrebbero fare anche un film (“Annette”) e viste le premesse ci sarà da divertirsi. Non annoiano mai gli Sparks: sarcastici, teatrali, fanno sorridere in “What The Hell Is It This Time?” quando immaginano un Dio indaffarato e stressato come ogni lavoratore settembrino che si rispetti. Gli arrangiamenti raffinati, precisissimi made in Sparks poco hanno in comune col pop moderno (“So Tell Me Mrs. Lincoln Aside From That How Was The Play?”, il synth pop di “The Amazing Mr. Repeat” lo dimostrano) e a Russel e Ron va bene così. La loro è leggerezza che non sarà mai stupidità . Come dicono in “Edith Piaf (Said It Better Than Me)”: “Je ne regrette rien“.
Credit Foto: Anna Webber