Da mesi giravano voci di questo supergruppo (termine non usato a sproposito almeno per quanto riguarda il guidizio personale del sottoscritto) formato nientepopodimeno che da Mike Patton frontman dei geniacci Faith No More e patron della Ipecac Records, Dave Lombardo ex batterista degli Slayer e già compagno sodale in uno dei molteplici progetti di Patton (quei Fantomas che anni fa entusiasmarono con un album da 10 e lode come “The Director’s cut”) , Justin Pearson bassista dei The Locust (band ai piu’ sconosciuta ma attiva da meta’ anni ’90 con in discografia vari album e singoli) e cantante nei Retox, band da cui arriva anche l’ultimo membro dei Dead Cross, il chitarrista Michael Crane.
Gia’ dal primo ascolto si sente aria di capolavoro, i dieci brani che compongono questo album sono schegge impazzite della durata media di due minuti. Mettete in un mixer hardcore moderno (ma non troppo), i sopracitati Fantomas, schegge di Naked City, deliri alla Tomahwak (altro side project dell’onnipresente Patton) ed echi slayeriani ed eccovi un disco perfettamente riuscito. Il brano di apertura “Seizure and Desist”mette subito in chiaro le intenzioni della band…niente prigionieri e la canzone che segue, “Idiopathic”, se possibile, e’ ancora piu’ veloce, con la batteria che la fa da padrona.
Non ci sono cadute di tono in questo capolavoro (si, ho scritto ancora la parola ‘capolavoro’, per essere chiaro), ascoltatevi brani come “Obedience School” o la cover dei Bauhaus in versione redux “Bela Lugosi’s Dead””…a loro modo questa è poesia. Tutto funziona in questo album e si arriva a momenti come “Grave slave” con il ritornello “pistolero, pistolero” che ti entra in testa e non se ne vuole andare, vedrete, vi ritroverete a canticchiarlo sotto la doccia senza rendervene conto (esperienza personale). L’inizio di “Divine Faith” è quasi grind, “Gag Reflex” sostanzialmente è un brano doom, ma di quello putrido , marcescente, che ti entra nelle ossa ed fino a sentire i brividi scorrerti lungo la spina dorsale. E tutto ci scorre nelle orecchie e non ci lascia nè scampo nè respiro, colpendoci con vitalità e dinamismo schizofrenico. Chiude il tutto in gloria “Church of the Motherfuckers” (titolo che è già un programma), in cui, in poco più di tre minuti, i nostri ci mostrano la loro personale interpretazione dello sludge /metalcore dando una lezione a molti.
Andate a confessare i vostri peccati, chiudete in casa i vostri figli e pregate perchè tutto finisca al più presto…l’apocalisse è arrivata e non aspetta voi.