Alex Crossan in arte Mura Masa, a soli 21 anni, è un volto già piuttosto conosciuto per chi ama l’elettronica futuristica, impregnata di influenze che le nuove ondate odierne sprigionano da ogni lato del mondo. Poco dopo la maggiore età era già trasmesso dalla BBC, mentre continuava nell’ombra a costruire un’identità precisa e cosciente del suo percorso artistico. Non un dj, non un produttore vecchio stampo, ma un vero e proprio prodigio della nuova generazione, anche più atipico di coetanei della scena.
Nel self-titled album di debutto, Mura Masa genera una fitta intersezione di strade parallele a tutto ciò che lo avevamo già visto fare nel corso dell’ultimo anno e mezzo, ormai in costante crescita anche mediatica, con riconoscimenti che si sono moltiplicati. Uno stile innovativo, con un pizzico di ammiccamento al pop elettronico che sta spiccando il volo ormai da anni ai vertici di Europa e States, il producer, londinese d’adozione, ha incastonato nella sua prima opera dei tasselli importanti per disegnare un manifesto della sua caparbia ascesa. Non si fa prendere dai tecnicismi o da acrobazie particolari, ma dispone di una personalità di scrittura che è sicuramente la carta vincente per emergere nel panorama attuale.
Non a caso, tra i featuring che spiccano scorrendo le tracce, ci sono nomi che non gli hanno fatto da apprendistato ma hanno bensì sposato la causa, dai forti contenuti e dalle risorse inaspettate: Damon Alban, frontman dei Gorillaz, A$AP Rocky, Charli XCX, Jamie Lidell sono solo alcune delle collaborazioni che hanno consacrato – e tuttavia anche imbottito di aspettative – il debutto di Crossan. A livello di stile, lui non fa una piega, passando da future bass a r&b dalle tinte elettroniche mai banale. Tropicalismi della nuova scuola persistenti in alcune parti, sonorità che avevamo già avuto modo di apprezzare durante gli ultimi mesi, farciti di diverse release singole, ma anche tanta elettronica di pura fattura.
Il garage del nuovo millennio, made in UK ma esportato oltre confine, in Mura Masa suona come un esercizio balistico capace di bypassare ogni limite. Il suo proverbiale fanatismo per synth di nuova generazione e dinamismo computerizzato rendono questo debutto un must per chi si addentra in questo settore e vuole capire cosa stia succedendo. Per i veterani, invece, potrà sembrare un rischioso passaggio di consegne, fatto di incognite sulla durata di un prodotto così deliberatamente aperto. La verità sta probabilmente nel mezzo: la caratura di un artista si espone a rischi principalmente sul lungo, quando avrà da confermarsi. Nel breve però ci sentiamo di dire che Alex Crossan merita di stare lì dov’è, a godersi le sue ore di glorie davanti ad un sequencer, sperimentando ciò che ancora non esiste.