Facciamo il punto sui Wolf Alice: sette anni di attività , due EP (“Blush” e “Creature Songs”) un album, “My Love Is Cool”, di cui hanno parlato bene in molti e non solo nella natia Gran Bretagna. Una canzone (“Silk”) comparsa un po’ a sorpresa in uno dei trailer e nella colonna sonora di “Trainspotting 2”. Due anni fa i Wolf Alice erano la band cool per eccellenza e ancora oggi possono permettersi di indossare una maglietta di Robbie Williams (come la frontwoman Ellie Rowsell ha fatto in concerto) di suonare “Good Riddance” dei Green Day per BBC Radio 1 e di leggere “American Indie” di Michael Azerrad pagina dopo pagina senza cadere in contraddizione. Erano la next big thing d’Inghilterra e finora hanno mantenuto le promesse. Ma la concorrenza non manca di certo e molto del futuro dei Wolf Alice potrebbe dipendere proprio da “Visions Of A Life”.
“My Love Is Cool” parlava agli adolescenti gridando forte “You’re young, you’re free, you’re feeling fine and life is still loading in the background” e “And when we grow older / We’ll still be friends /We’ll still be lovers / And won’t fear the end“. “Visions Of A Life” è la fase successiva, quella in cui lo sguardo si amplia e volente o nolente si cresce. E’ successo anche ai Wolf Alice, che per le canzoni di questo secondo album non si sono più accontentati del primo take ma si sono presi il tempo necessario per curare ogni dettaglio. Il risultato è un disco che cita liberamente gli Slowdive nella sognante “Heavenward” e i Bran Van 3000 in “Don’t Delete The Kisses”, incanalando la rabbia in “Yuk Foo”, negli accordi di “Formidably Cool” (che ricordano le L7 o i Veruca Salt) e nel rock puro di una “Space & Time” trascinata dalla batteria di Joel Amey e dal basso di Theo Ellis. Quando il ritmo si abbassa invece i Wolf Alice preferiscono la dolcezza acustica di “After The Zero Hour” che lancia insieme a “Beautifully Unconventional” un messaggio importante a tutte le ragazzine là fuori.
“Visions Of A Life” insomma è un album più maturo e complesso. I Wolf Alice si confermano una band interessante, capace di cambiare pelle con l’arrangiamento di “Sky Musings” ad esempio o quello parte rock parte orientaleggiante di “Sadboy” o ancora nell’intensa “Planet Hunter” con chitarre prima gentili poi sfrenate. Le stesse chitarre cullano e graffiano in “St. Purple & Green” dedicata alla nonna di Ellie Rowsell cha cantava ninne nanne russe per far addormentare lei e il fratello. Manca un po’ dell’energia selvaggia dei live, il sound sporco e l’immediatezza di una “You’re A Germ” o “Bros” ma ci si fa presto l’abitudine. I Wolf Alice avrebbero potuto semplicemente ripetere la formula di quell’esordio così fortunato ma hanno preferito cambiare senza stravolgere il proprio sound e senza lasciarsi condizionare dalle aspettative altrui o dalla paura di deludere i fan. I heard that journeys end in lover’s meeting / But my journey ends when my heart stops beating urla Ellie Rowsell in una tiratissima “Visions Of A Life” e la crescita dei Wolf Alice è tutta qui.