Sono glam? Sono punk? Forse power pop? O sono gli ultimi eredi del brit pop? In realtà la proposta dei Faerground Accidents, in questo primo album intitolato “Co-morbid”, è molto più di questo. Riuscite ad immaginare una band che sia un giusto mix tra le cose migliori di Suede e Pulp con il David Bowie degli anni ’70 alla voce? Se si, “Co-morbid” potrebbe essere il vostro disco dell’anno.
Ma torniamo alla proposta. Ascoltando i brani e guardando gli estratti live reperibili online, ho avuto l’impressione che i FA vogliano scollinare i confini di semplice ‘band’ e dare alle loro performance più spessore. C’è teatro, ironia e un’ineludibile aria di festa. La parola giusta forse è celebrazione, quasi una liturgia per coloro che rifuggono il conformismo globale imperante, anche in fatto di ascolti musicali.
Le 11 undici canzoni che compongono l’album vanno a formare un unico percorso per un viaggio che ci porta in un mondo di personaggi e situazioni ai margini, o meglio portati all’estremo (esterno?) dalla società in cui viviamo. Da apprezzare l’alternanza con cui la band tratta questi temi: aggressivi come in “We hate the same things”, “Into the wild” e “Sleep in the woods”, ironici in “She makes me want to die” e “The moralist”, ed in fine dolci come un flacone di valium in “Please stay” o “Ether girl”.
I testi di Bomar Faery sono poetici e taglienti, e la commistione tra sue melodie e le chitarre di Murray Fenton è sempre azzeccata. I tappetti elettronici delle tastiere di Henrietta Rowlatt danno corpo e acidità . La sezione ritmica con Simon Milner al basso e Adam Pearson alla batteria può essere una sberla in faccia o una delicata cadenza, ma sempre precisa e mai invadente.
Nella speranza che qualche illuminato li riesca a portare dal vivo in Italia, godiamoci questo folgorante esordio.