Forse anche questa volta, pur con un disco magnifico come “Music for the Age of Miracles”, Alasdair MacLean e i suoi Clientele resteranno a vantaggio di pochi, confinati nel loro status di “gruppo di nicchia” e, forse, mai come questa volta, sarebbe un delitto, perchè simili capolavori invece meriterebbero visibilità e lodi generali. Chiediamo troppo? No, assolutamente. Qui siamo di fronte a una band che fin dagli esordi dispensa magie sonore, sfuggendo a catalogazioni precise e qualificandosi non certo per dichiarazioni o pose mediatiche, ma solo con la forza e l’eleganza di una proposta fuori dal tempo.
Il nuovo disco è forse meno uggioso e notturno rispetto a quel magnifico disco che fu “Suburban Light” ma non per questo difetta in fascino, suggestioni e poesia. Ancora in bilico tra richiami ’60 e dolcezze squisitamente barocche e bedroom-pop, magicamente impregnate di psichedelia e folk, questo “Music for the Age of Miracles” ci lascia senza fiato per la cura totale delle melodie e degli arrangiamenti, preziosissimi, spesso presenti (sopratutto con gli archi) ma mai invadenti, anzi, capaci di evocare un fascino malinconico necessario e toccante, così come infondere una suggestiva vitalità ai brani (“The Circus” è da pelle d’oca, ve lo assicuriamo). Il disco vince proprio in questi dettagli, restando sobrio seppure ricco e curato in ogni minima parte, a tal punto da risultare crocevia perfetto e mai così studiato delle varie anime della band, quella barocca e misteriosa, quella che guarda con attenzione alle partiture d’archi ma anche agli strumenti a fiato, così come specchio riflettente di un lato (a tratti) positivo e uno più malinconico, pastorale ed autunnale.
Difficile citare delle canzoni in particolare, ma non riesco a non segnalare i sei minuti abbondanti di “Everything You See Tonight Is Different From Itself” che risulta materiale cangiante e vibrante, in grado di trasmettere vitalità e dolcezza nel medesimo istante, così come mi trovo impossibilitato a non citare l’incanto melodico di “Everyone You Meet” in cui l’empatia con l’ascoltatore puo’ raggiungere livelli altissimi o quel distillato di romaticismo che è la conclusiva “The Age Of Miracles”.
Siamo di fronte a uno dei dischi dell’anno signori e abbiamo la pelle d’oca.