In quattro anni le cose cambiano e i nostri Arcane Roots hanno deciso che non vogliono più essere i nuovi Mars Volta, troppo complessa la cosa e loro, diciamocelo, troppo carenti in personalità per essere al pari di quei mostri sacri, quindi era necessario un cambio di rotta che arriva con questo nuovo lavoro “Melancholia Hymns”. Se nel precedente album la band pareva voler mantenersi in bilico tra l’indie e il post-hardcore, ora la bilancia propende decisamente per l’alt-rock/post-rock, scosso a tratti da forti venti impetuosi, ma da qui a usare la parola ‘hardcore’ ce ne passa.
La band gioca molto con i chiaroscuri e, in tutto il disco, è questa la sensazione che si respira: le costruzioni sonore vedono sia una forte parte “synthetica” che va in crescendo per arrivare poi a pulsioni più cariche, a volte, quasi math, rabbiose e con tanto di screamo o, al contrario, si parte da un mare agitato e nervoso che poi però trova la pace catartica. In un paio di brani abbiamo una tensione costante, parliamo di “Solemn”, (forse la traccia migliore, che si muove su territori cupissimi e quasi doom, con l’innalzamento centrale che ci porta in alto grazie anche a una voce pulita e quasi sognante –Andrew Groves è sicuramente una delle note positive del disco, con la sua versatilità vocale- prima che il brano si cristallizzi di nuovo nel finale) e “Everything” che francamente ha una brutalità che risulta essere quasi fuori posto in un album simile, sopratutto dopo il morbido lavoro di synth ed elettronica del brano “Fireflies”, immediatamente prima.
Sarà , ma a fronte di alcuni passaggi decisamente suggestivi, ci pare che in alcuni momenti ci sia proprio una carenza di fantasia e d’immaginazione nella scrittura di brani fin troppo lunghi, imprigionati in questi onnipresenti synth: capisco che l’evoluzione interna al pezzo richieda un elevato minutaggio, ma a tratti il percorso è fin troppo lungo. Che ci crediate o meno, in questo disco ai nostri simpatici Arcane Roots quello che rimprovero è di non aver voluto osare abbastanza, seguendo una formula tutt’altro che nuova, quasi di comodo e a tratti fin troppo prolissa. Non vogliono diventare i nuovi Muse o i nuovi Biffy Clyro, di questo gliene diamo atto, ma per ora sono gli Arcane Roots (nuovo stampo) che affascinano solo a tratti.