Il cammino ufficiale della Bridgers, californiana e diplomata alla Los Angeles County High School For Arts, inizia con la pubblicazione del primo singolo attraverso la PAX AM, l’etichetta di proprietà di Ryan Adams, e prosegue con le sue canzoni usate in spot pubblicitari e serie televisive negli Stati Uniti: nel giugno di quest’anno arriva la firma con la prestigiosa Dead Oceans, già casa di The Tallest Man On Earth, Slowdive, Ryley Walker, Kevin Morby e tanti altri ottimi artisti, e, un paio di settimane fa, esce finalmente questo suo atteso album d’esordio.
Definito dalla musicista losangelina come una specie di “suo diario”, questo primo disco colpisce soprattutto per i suoi testi estremamente malinconici e tristi, inclusa la conclusiva “You Missed My Heart”, cover di Mark Kozelek, magistralmente reinterpretata da Phoebe.
Inoltre sono la capacità vocali della Bridgers a colpirci: nonostante i temi forti delle sue canzoni, i suoi vocals sanno gestire e descrivere perfettamente i suoi umori, regalando emozioni intense a chi ascolta, mentre la strumentazione rimane spesso molto tranquilla e a servizio della voce, adattandosi e cambiando a seconda dei sentimenti che la musicista californiana vuole dipingere attraverso la sua musica.
La ventiduenne bionda cantautrice statunitense sa donare incredibili momenti di intimità : basta ascoltare il singolo e opening-track “Smoke Signals” per iniziare a immergersi all’interno del suo mondo e lasciarsi avvolgere da quella sottile nebbia e da quelle sensazioni così belle e così pure che la ragazza californiana disegna all’interno del suo esordio.
Il percorso di questo esordio è comunque piuttosto variegato: “Killer” è un’emozionante ballata piano e voce, “Demi Moore”, invece, ha influenze folk, “Scott Street” si sposta sul territorio dell’Americana, mentre “Woud You Rather” è un toccante duetto insieme a Conor Oberst.
La bellezza racchiusa nella semplicità delle sue canzoni dentro cui si nascondono atmosfere che ci fanno tornare in mente Bon Iver, dimostrano come le qualità di Phoebe vadano ben oltre alla sua giovane età e alla sua ancora limitata esperienza nel mondo musicale: “Strangers In The Alps” ha poco a che far con il sole e le melodie semplici e luminose della nativa California, ma è, invece, un lavoro introspettivo, personale, riflessivo, a tratti commovente, che facilmente la porterà a farsi conoscere anche al di fuori della scena indie-folk e non sarà un caso se lo ritroveremo in alto in tante classifiche di fine anno.
Credit Foto: Olof Grind