Di Annie Clark, in arte St. Vincent, ormai sappiamo quasi tutto. Artista e performer avventurosa, capace di unire agli interessi musicali la passione per il cinema e la regia, è stata una delle novità più interessanti di quest’ultimo decennio. Dieci anni che sono cominciati con idee matrimoniali (buon compleanno “Marry Me”) e finiscono con la seduzione di massa di questo quinto album. In mezzo c’è il mondo creato da questa brava ragazza del Texas: le riflessioni a cuore aperto di “Actor” e “Strange Mercy”, le atmosfere stranianti e sperimentali di “St. Vincent”. “Masseduction” è ancora più ambizioso di quel fortunatissimo disco. Annunciato in pompa magna con una (finta) conferenza stampa su Facebook Live in cui una Annie Clark immersa in luci fluo e circondata da microfoni rosa shocking consigliava (tra le altre cose) due libri con cui accompagnare l’ascolto: “Gli Uomini Mi Spiegano Le Cose” di Rebecca Solnit e “Gli Argonauti” di Maggie Nelson (praticamente il meglio della letteratura americana al femminile).
“Am I being seduced or I am the seducer?” si chiedeva in quell’occasione St. Vincent, spiegando il titolo del disco e rivelando l’ennesima trasformazione estetica e musicale ideata grazie a un produttore come Jack Antonoff (chitarrista di Fun.. e Bleachers ha lavorato anche con Taylor Swift, Tegan & Sara) e a una lunga lista di collaboratori tra cui spiccano Kamasi Washington, Sounwave (beatmaker di Kendrick Lamar in “DAMN”) Jenny Lewis (ex Rilo Kiley) e l’ex modella ora attrice Cara Delevingne (che di Annie è stata la compagna per diciotto mesi). Tutti in fila per due in “Pills”, acida pop song che ai Flaming Lips non sarebbe dispiaciuta. Ma al centro della scena c’è sempre Annie Clark, il suo talento, le sue ossessioni. Giochi di sesso e potere si rincorrono tra i riferimenti letterari della title track, chitarre nervose in odor di Talking Heads lasciano spazio a tanto elettropop (“Sugarboy”,”Young Lover”) in un’altalena estrema di temi, toni e emozioni musicali. La dolcezza di “New York” smorza le perversioni di “Fear The Future” e torna John, il principe di “St. Vincent” e il promesso sposo di “Marry Me” ma l’amara “Happy Birthday, Johnny” (piazzata strategicamente tra il synth pop di “Los Ageless” e il brillante funk di “Saviour”) fa capire che non vivranno felici e contenti.
Annie Clark, seduttrice sedotta e abbandonata gioca con gli stereotipi del pop, prende in giro paure e fissazioni del mondo contemporaneo in dodici canzoni e mezzo (“Dancing With The Ghost” dura meno di un minuto e serve da introduzione a ciò che viene dopo) che sono la cronaca di un momento difficile della sua vita: quello del passaggio da artista di culto alla fama tout court. “Masseduction” convince perchè è diverso da “St. Vincent” e regala tre brani di grande intensità sospesi tra Antony And The Johnsons e PJ Harvey (“Hang on Me”, “Slow Disco”, “Smoking Section”) che dureranno nel tempo. La parte più pop della seduzione di massa invece è stata creata per essere consumata in fretta e altrettanto in fretta invecchierà ma diverte un sacco. La brava ragazza texana è sarcastica e viscerale nei testi, dimostra di sapersi reinventare e di musicisti (maschi e femmine) capaci di passare con tale abilità da uno stile all’altro ce ne sono pochi. E se a qualcuno la Annie Clark versione 2017 non dovesse piacere già si mormora esista una versione di “Masseduction” solo piano e voce registrata insieme a Thomas Bartlett / Doveman (uno che si è fatto le ossa con Sufjan Stevens, The National, Anna Calvi) che potrebbe uscire prima o poi …