Tra il dire e il fare questi finlandesi sono già arrivati al nono album (il primo “Peep”, risale al 1996). Certo, il loro momento di gloria è andato, volato via con quel brano tormentone che fu “In The Shadows”, ma nonostante tutto i nostri, seppure con lunghe pause, non mollano e tornano a farsi vivi, questa a volta a distanza di 5 anni dal precedente album ominimo.
Dichiarano sempre di essere affascinati dall’oscurità e di non aver perso quelle caratteristiche pseudo dark che li hanno caratterizzati in passato (e anche dai titoli del disco si evince una certa fascinazione per gli aspetti più oscuri) ma, in realtà , i primi due brani dell’album sono tutto tranne che oscuri, anzi fanno ben capire dove si andrà a parare. “Paradise” ha dei corettini dolciastri e “Something In The Dark” ha un piglio pop decisamente plastificato che a tutto fa pensare, tranne che a qualcosa di tenebroso che si possa celare nell’oscurità . Non parliamo poi di un brano come “Silver Light” che pare uscire dalla penna di Enrique Iglesias con questo andamento tra il ballabile e lo sbarazzino. Ecco forse il mistero è risolto, c’è una bella dicotomia tra “quello che eravamo e, forse, ci fa ancora campare coi bei ricordi e quello che siamo, che speriamo ci faccia campare vendendo qualche disco“. Ne nasce così un lavoro tutto orientato a un canonico e laccato pop da classifica, in bilico tra gli Imagine Dragons e gli ultimissimi Linkin Park, con le immancabili pulsioni disco “Empire” e qualche uscita stravagante come il chitarrone e l’incazzatura iniziale di “Wonderman” che poi ovviamente diventa zucchero filato. Ma, ripetiamo, qui di dark non c’è neanche l’ombra.
Si chiude nel modo migliore, giusto dirlo, con il synth pop di “Dragons Into Dreams” che almeno una punta di malinconia ce la lascia, ma sembra di ascoltare gli A-ha, sia chiaro. Torniano con simpatia a riscoltarci “In The Shadows” che almeno un po’ di pepe lo metteva in campo.