Synth pop all’ennesima potenza; sembra un dopo serata anni ’80, un’elettronica dal ritornello facile, con la voce buia che tanto mancava, come un demone buono che fa da sottofondo, dando indicazioni a pioggia per rendere il tutto più accattivante.
Un tocco di vecchio rinnovato, con la voce femminile provocante e quella maschile tremula e piena di tensioni.
La copertina dà l’idea di dispersione e di soffocamento e la musica, quasi da rito pagano riscoperto, pronta al sacrificio tra vecchio e nuovo.
“Prince of Tears” è un album metronomo, che scandisce il tempo con una parte centrale robusta e prega che la musica si misceli ancora una volta, senza disprezzare e disperdere le radici di Baxter.
Il primo brano, “Miami”, è anche il singolo e, se fosse uscito negli anni ’80, sarebbe diventato un super pezzo da hit, da classifica. Proporre oggi un pezzo del genere è una scelta da celebrare ed incoraggiare, anche quando si tratta di artisti giovani. Brani come “Porcelain” e “Mungo” emozioneranno i fan del post punk, già sentito ma fatto bene. “Listen” ci porta nella frenesia natalizia. con la malinconia dell’indecisione: che regalo fare? Cosa mangiare? Accompagnati dal ritmo di veloce scansione del tempo, siamo tutti pronti al Natale, ma dentro di noi forse lo vorremmo evitare. Il finale dell’album – in particolar modo con il brano “Wanna” – ci porta verso l’isolamento, seduti accovacciati a scrutare e consultare le dolci dune, in attesa di qualche segno. Ecco le mie amiche voci ad aiutarmi negli eterni rompicapi.
“Prince of Tears”, l’ultimo brano, chiude come una ninna nanna delicata, che ci ricorda però che la sveglia prima o poi dovrà suonare e le lacrime, già pronte, al nostro risveglio saranno cristalli secchi sotto i nostri occhi, per affrontare l’ennesimo giorno già etichettato come felice.