Quando la domenica mattina ci si alza e si scopre che sta piovendo, allora senti il bisogna di fare qualcosa e allora riascolti per l’ennesima volta il disco degli Amari, che con il loro ritorno, non possono passare inosservati. Perchè alla fine ritornare è un difficoltoso e a volte pericoloso meltin pot tra invenzione e rivoluzione e proprio oggi in un epoca di revival, Stranger Things (con le sue sale giochi anni “’80 e le colonne sonore riempite da sintetizzatori) e It su tutti. “Un’invenzione presuppone una certa illegalità ” ha scritto Derrida, ora immaginate quanto sia pericolosa una reinvenzione. Stiamo parlando a tutti gli effetti di una rottura che nel caso di Polverone è perfettamente riuscita e non si ferma all’essere evocativa e nostalgica ma pompa una nuova dose di elementi che mettono in luce una vera rinascita per il gruppo.
La consapevolezza è doppia per il gruppo e l’ascoltatore che permette una doppia considerazione: la prima è quella di trovarsi dinanzi ad un panorama musicale completamente diverso da quello lasciato qualche anno prima: “Sono i ricordi che ci tengon per le palle”, tuttavia c’è capacità , da parte dell’ascoltatore più o meno attento, di capire come la scena contemporanea sia stata plasmata sui passaggi di sinth e drum machine di questo gruppo, che a suo modo è veramente un pezzo di storia vivente della nostra penisola.
“L’arte primitiva” è uno schema di pensiero che probabilmente parla del disagio artistico sperimentale provato durante la composizione e gestazione del disco.
Il polverone rimane in ogni suo punto efficace e produce una serie di flashback e dejavù che non profumano di malinconia ma di riforma, insomma siamo alle porte di una quasi-rivoluzione personale.
Il disco sembra cosparso di terra come l’Earh Room a New York progettata da Walter De Maria, artista esponente del movimento della Land Art. L’appartamento mette in mostra 335 metri quadrati riempiti da 197 metri cubi di terra. Non c’è spazio per nulla nell’installazione come nel disco, ci sono solo polvere, terra e pace, forse ritrovata, nel fare musica.