Dopo troppi anni Joshua Eustis per fortuna ci riprova, purtoppo però ora è solo in questo ritorno con il progetto Telefon Tel Aviv, dopo la morte di Charles Cooper – compagno musicale e del sogno di una vita, i Tel aviv appunto.
I colori per Joshua erano ormai sbiaditi ed in questo ritorno, in un’esibizione live di nuovo con il nome Telefon Tel aviv, sfoggia tutta la sua oscurità – anche scenica, oltre musicale.
Al Monk di Roma il 23 novembre 2017 si è esibito questo gruppo cult, che a causa delle alterne sorti di questa crudele vita si reincarnato nel solo leader Eustis. Il Monk di per sè già è oscuro, di nicchia, accoglie il particolare, il vissuto, quel ritmo di ogni genere musicale che sballa il momento.
La bravura così catartica e vissuta dell’artista si è fusa con la location, cosa rara, un connubio che a volte si crea per caso. Ora siamo soli, è scuro e buio e quando ci caliamo nelle tenebre elettroniche incattivite dalla vita, come nel caso dei Tel aviv, prendiamo strade mentali, che ci troncano il fiato, senza più voler ripartire, ma poi rapiti da questa onda musicale rinasciamo tutti in lui e questo catartico viaggio e concerto non è solo un ennesimo canto del cigno.
Fuori dalla realtà , bit dopo bit, come nudi in una tempesta così fredda da spaccarti il cuore, le onde illuminate da dei che ci hanno perdonato; un melodia da redenzione, Joshua vuole aprire con la sua musica quasi un varco, un’altra dimensione. Eustis fa una musica quasi concettuale, cerca di farti perdere la via per poi fartela ritrovare, e noi insieme a lui al Monk forse l’abbiamo ritrovata.