Neko at stella, tradotto sarebbe ‘Un gatto a stella’, un nome particolare per una band altrettanto particolare.
Dopo il loro omonimo album di esordio, nel 2017 pubblicano la loro seconda opera, intitolata “Shine”.
Atmosfera e aggressività , questo si riesce a percepire dal trio fiorentino, un insieme malato di blues, doom, desert rock, cose soniche e perfino una punta di shoegaze. Un suono che ricorda a tratti quel vecchio doom, caro ai Black Sabbath e ai più recenti Kadavar, però poi la voce sembra andare da tutt’altra parte, verso quel post punk alla Interpool, insomma, ci sono davvero tanti generi diversi in questo album, che però, non provoca indigestione, anzi.
Il blues presente nello spirito della band rimane, ma si arricchisce, rivelando un anima ancora più sperimentale rispetto alla opera precedente, per fare un esempio la title track, lunga e distopica, con i suoni di tastiera che ricordano alla lontana i Doors e che arricchiscono la maggior parte delle traccie, rendendole uniche e inconfondibili.
Su “Shine” si fa fatica a trovare imperfezioni, un buon album, su tutti gli aspetti, il fatto di averlo registrato in analogico lo arricchisce di quel feeling che solo il nastro della bobina sa dare. Hanno le carte in regola per esser notati ad un pubblico internazionale con questo sound particolare e sopratutto personale.