Esiste un prima e un dopo.
Per un fan degli Afterhours, “La sottile linea bianca” non è solamente il titolo del brano che apriva il disco del 2006 “Ballate per piccole iene”, ma è una data ben precisa, ovvero quel 15 settembre del 2016 in cui Manuel Agnelli, cantante e leader della band milanese, appare in video per la prima volta nel ruolo di giudice al programma televisivo “X Factor”.
Le polemiche scaturite dopo il relativo annuncio e che hanno coinvolto addetti ai lavori e appassionati di tutta quella scena musicale italiana alternativa/indipendente che gli Afterhours hanno contribuito a costruire (insieme a poche altre band quali Marlene Kuntz, CCCP/CSI e Verdena) e a far crescere in quasi 30 anni di superba carriera, sono da ritenersi pari a quelle manifestatesi per il passaggio di Gonzalo Higuain dal Napoli alla Juventus.
Vero è che in Italia esistono problemi assai più importanti rispetto alla volontà di una persona ad apparire in video, ma la discussione è da ritenersi interessante perchè questa scelta ha coinciso metaforicamente con il passaggio senza ritorno tra due mondi opposti: il primo, quello in cui la musica viene intesa come un qualcosa di maledettamente serio, di imprescindibile, parificabile all’arte in tutta la sua sacralità ; il secondo, invece, quello in cui viene considerata solamente puro intrattenimento.
Ora, non vogliamo entrare nello specifico della scelta di Manuel che più volte ha pubblicamente ribadito di volersi semplicemente mettere in gioco dopo aver compiuto i 50 anni di età o di ottenere più visibilità e peso per sostenere maggiormente in futuro le cause e i progetti artistici che intenderà portare avanti.
Piuttosto c’è da chiedersi se questa scelta possa rappresentare una vittoria o una sconfitta per quell’attitudine alternativa musicale, ma anche esistenziale, che lo ha eletto insieme alla sua band a veri portabandiera.
Sconfitta, se consideriamo tutto ciò come la resa definitiva nel constatare che in Italia per avere visibilità e arrivare ad un pubblico considerevole in termini numerici non basta la propria voce, vista come qualità meritocratica, ma è fondamentale apparire (specialmente in televisione).
Vittoria, invece, perchè finalmente si è potuto entrare come un vero Cavallo di Troia, con il mero scopo di seminare germogli di dissidenza artistica, in un sistema che fonda tutto sulla commercializzazione di un determinato prodotto (emozioni comprese), presentando al grande pubblico solamente un lato della luna.
Come si dice in questi casi, ai posteri l’ardua sentenza.
Tutto ciò che quindi troviamo in questa monumentale antologia è il prima di quel 15 settembre 2016.
Si tratta di ben 76 brani, divisi in 4 dischi che ripercorrono in maniera cronologica la carriera di Manuel e soci a partire dal 1987, anno in cui risale il debutto musicale in lingua anglosassone “All the Good Children Go to Hell”.
Per chi si fosse avvicinato solo ora, rimasto ammaliato dal Manuel Agnelli pensiero e da quella dialettica competente e oltraggiosa che si è fatta notare nel programma di cui sopra, questo sicuramente è un buon modo per recuperare il tempo colpevolmente perduto, prima di accorrere al concerto celebrativo che si terrà ad Aprile al Forum di Assago, pentendosi di non aver assecondato prima la propria curiosità musicale ed essersi perso gli anni d’oro della band.
Troviamo quindi in primis tutti i brani più rappresentativi di quell’album dal sound post/grunge “Germi” che ha coinciso con l’esordio in lingua italiana della band e caratterizzato da quella tecnica particolare di scrittura chiamata Cut Up ispirata da William S. Borroughs, con cui testi a primo avviso incomprensibili in quanto costruiti con la scelta casuale di parole, esprimono invece la personale sensibilità e inspirazione di chi le sceglie.
Si passa poi a quello che è il disco cult degli anni 90, il “Mellon Collie & Infinite Sadness” nostrano ovvero “Hai paura del buio?”. Effettuare una selezione per questo album (ben 8 i brani scelti) risulta assai riduttivo, perchè quel disco è perfetto nella sua completezza, nella sua totalità , in quel giusto mix tra violenza e grazia che è diventato un manifesto per un’intera generazione che non si rispecchiava nella tradizione musicale italiana oltre che in un certo conformismo sociale.
Con “Non è per sempre”, il disco alternative/pop, invece troviamo i primi approci con brani più melodici (vedi la stessa canzone che da titolo all’album), seppur mantenendo un altissimo livello di qualità per nulla superficiale (incolpevolmente lasciata fuori dal lotto quella meravigliosa ballad onirica/malinconica che è “Oceano di Gomma”).
Disco travagliato quest’ultimo, perchè vede la conseguente uscita dalla band del genio sperimentale di Xabier Iriondo, anche se le strade torneranno a congiungersi con lui nel 2012. A proposito di separazioni, la storia della band è stata caratterizzata puntualmente da fuoriuscite anche clamorose come quella recente di Giorgio Prette (cuore pulsante alla batteria fin dagli esordi con il suo stile elegante ed impeccabile) che, rovescio della medaglia, hanno però continuamente apportato nuovi stimoli e nuova linfa al progetto oltre che allo stesso Agnelli, grazie all’ingresso di altrettanti preziosi musicisti.
Si procede poi con i 5 brani scelti dall’ottimo album autoriale “Non è per sempre” (la foto di pura gioia di quel bambino con la sua pistola, che ritrae un piccolo Manuel e che ritroviamo in copertina, viene citata all’inizio della sciamanica title track ) e con l’album americano “Ballate per piccole iene” che vede la preziosa partecipazione dell’amico/collega Greg Dulli (alfiere della scena alt rock statunitense con le sue creature Afghan Wings e Twilight Singers).
Con i “Milanesi ammazzano il sabato” abbiamo forse il punto più basso di una strepitosa discografia (parliamo comunque sempre di livelli sopra gli standard), anche se i brani scelti per questa antologia come quello che dava il titolo all’album o “Riprendere Berlino” non sfigurano affatto nell’elenco complessivo.
“Padania” è l’album della rinascita a tutti gli effetti, oscuro, potente, un vero pugno nello stomaco che mette a tacere tutti colori che profetizzavano l’inizio della parabola discendete. Infine, ulteriori 8 brani scelti dal recente “Folfiri o Folfox” che, a sorpresa, alza ancora l’asticella presentandosi come un lavoro inizialmente ostico e forse il più ambizioso della carriera, ma che vanta tra le altre un diamante prezioso come “L’odore della giacca di mio padre”, omaggio commuovente alla scomparsa del padre di Manuel.
Per chi invece possiede già interamente o quasi l’opera omnia della band, sono presenti sia nel primo che nel quarto disco brani tratti dai primi 5 album in lingua inglese (introvabili in commercio) e numerosi inediti, demo, versioni alternative e cover che rappresentano il paese dei balocchi per qualsiasi adepto.
Da segnalare, tra questi, la canzone che è stata scelta per lanciare l’antologia, ovvero quella “Bianca” di “Non è per sempre” impreziosita dall’intreccio vocale del timbro unico di una fuoriclasse parimente identitaria come Camen Consoli; la cover distorta di quella perla di Rino Gaetano che è “Mio fratello è figlio unico”, quella granitica di “La Canzone Popolare” di Ivano Fossati, quella credibile di “La Canzone di Marinella” di Fabrizio De Andrè e quella emozionante in versione unplugged di “Shadowplay” dei Joy Division; i brani invece in lingua inglese come “Bit Boy”,”Billie Serenade” e “Fifteen Seconds” rendono l’omaggio inevitabile ai vari Velvet Underground, Television, Cure, Nick Cave e a tutta quella scena new wave/post rock proveniente da oltremanica e da oltreoceano, presa come riferimento assoluto per il progetto musicale Afterhours.
Chiude la raccolta quella “Adesso è facile” che Manuel scrisse per la regina della musica italiana Mina, la quale già 20 anni fa contribuì a rendere immortale quella “Dentro Marylin” denominata dalla tigre di Cremona “Tre volte dentro me” e riproposta qui anche nella sua versione originale “Inside Marylin Three Times”.
X Factor o non X Factor dunque, l’antologia rappresenta una splendida raccolta di fotografie e un doveroso riconoscimento a quella che, senza alcun dubbio, ha dimostrato meritatamente di essere la migliore rock band italiana degli ultimi 30 anni.