Tra gli album più attesi di questo inizio 2018 c’è sicuramente il terzo lavoro sulla lunga distanza degli Ought: la band post-punk di stanza a Montreal, infatti, pubblicherà il prossimo 16 febbraio, via Merge Records, “Room Inside The World”, in cui Tim Darcy e compagni provano ad ampliare le loro visioni sonore, con un suono più pulito e canzoni più accessibili e meno dure rispetto al passato. Noi di IndieForBunnies.com abbiamo approfittato di questa occasione per contattare via e-mail proprio il gentilissimo frontman del gruppo e farci raccontare del nuovo album, della nuova etichetta, delle loro fonti d’ispirazione e anche dei loro progetti solisti. Ecco cosa ci ha detto:
Ciao, come state? Benvenuti sulle pagine di IndieForBunnies.com. Il vostro terzo LP, “Room Inside The World”, sarà pubblicato tra meno di un mese: come vi sentite? Siete contenti?
Sì, lo siamo sicuramente. Abbiamo messo veramente molto impegno in questo disco e siamo pronti per farlo ascoltare ai nostri fan.
Che cosa è successo durante questi due anni e mezzo tra l’uscita del vostro secondo e del vostro terzo album?
Il primo anno l’abbiamo interamente speso a portare in tour il disco precedente, come fanno tutte le band. Poi ci siamo presi molto più tempo rispetto al passato per scrivere questo album, circa cinque mesi. Una volta che l’abbiamo terminato, ci siamo tutti presi del tempo per lavorare sui nostri progetti solisti. Inoltre cambiare anche cambiare etichetta ci ha portato via del tempo.
Tim, parlando del tuo disco solista, che è uscito lo scorso anno, quali sono state le maggiori differenze rispetto al lavoro insieme al tuo gruppo? Il tuo approccio al songwriting è stato diverso rispetto a quello della tua band?
Il mio lavoro solista è stato una raccolta di mie canzoni che giravano da parecchio tempo. La scrittura è stata molto diversa: ero solo io in una stanza al contrario di scrivere in quattro insieme. Inoltre volevo veramente avere nuove tonalità e stili nel cantare che non stavamo provando all’interno della band in quel momento.
A parte questa cosa, lo scorso anno voi quattro avete lavorato su quattro diversi progetti, sempre nel campo della musica. E’ stato difficile per voi tornare di nuovo a lavorare per la band e concentrarsi solamente sulla musica degli Ought?
Ci sono sempre i primi giorni in cui hai bisogno di entrare in orbita., ma dopo alcuni momenti siamo ritornati e correvamo ancora. C’eravamo già arrivati mentre stavamo scrivendo “Room Inside The World”, perchè abbiamo iniziato il processo subito dopo il tour di “Coming Down”.
Avete registrato il vostro nuovo LP insieme a Nicholas Vernhes (Animal Collective, Deehunter): come vi siete trovati a lavorare con un produttore così prestigioso? Quanto ha influenzato il vostro lavoro? Che cosa siete riusciti a imparare da lui?
E’ una persona fantastica. Non ci ha spinto troppo e non ha cercato di reinventare la ruota, ma ci ha guidato e ci ha fatto trovare ottimi suoni. Lui sapeva dirci come aggiungere un po’ di vivacità in un modo a cui io non avrei pensato.
L’anno scorso avete firmato per la Merge Records: come siete entrati in contatto con Laura e Mac? Come vi trovate a lavorare con un’etichetta così incredibile, che ha nel suo roster artisti come Dinosaur Jr., Waxahatchee e Titus Andronicus, solo per citarne alcuni?
Quando stavamo guardandoci in giro per cercare una nuova etichetta, loro erano sicuramente in una posizione molto alta nella nostra lista. Ci sono alcuni amici che lavorano per quella casa discografica e hanno avuto esperienze brillanti. Hanno un roster legendario e hanno un ammirevole mandato concentrato sugli artisti.
Come dicevi prima, questa volta avete avuto più tempo per scrivere il vostro nuovo album: questa cosa ha cambiato in qualche modo il vostro modo di scrivere? Avete avuto comunque delle pressioni durante il processo di registrazione?
Ovviamente c’era ancora della pressione su di noi. Non siamo diventati grandi dopo il secondo disco e quindi abbiamo dovuto per forza scrivere sempre. Ci siamo presi, invece, tutto il tempo che potevamo (come ti dicevo circa cinque mesi), incluso un mese in studio per registrare il disco. Abbiamo scritto in maniera piuttosto rapida, se vogliamo parlare di ciò, ma dovevamo avere degli orari. Non abbiamo avuto il lusso di avere canzoni già totalmente pronte. Tutti noi abbiamo dovuto tirare fuori il sangue, quando eravamo insieme all’interno dello studio.
Quali sono i temi più importanti nelle vostre nuove canzoni? Da dove prendete l’ispirazione, quando le scrivete?
I miei testi arrivano in modo molto automatico. Ho scritto molto riguardo all’amore, sia in senso romantico che in senso politico. C’è molta creazione in questo disco”… Ho pensato alla crescita lenta e al cambiamento significativo che è legato alla personalità e al creare stabilità e pace interiore in modo da poter andare aventi. Ho visto persone simpatiche ed empatiche collassare perchè i muri sono crollati. Ti devi preoccupare di queste cose, specialmente mentre stiamo invecchiando un po’.
Parlando del sound, l’ho trovato più chiaro e pulito. Anche il tono delle vostre canzoni sembra più positivo e, in un certo senso, un po’ più accessibile: sei d’accordo? Da dove provengono questi cambiamenti?
Assolutamente. Volevamo un suono più pulito, così da poter avere più spazio per ulteriori strati di produzione in studio. Le canzoni sono molto più nitide dal punto di vista sonoro e aver affinato il nostro modo di suonare e di scrivere ci ha aiutato a realizzare ciò.
Quali sono stati i principali cambiamenti rispetto ai lavori precedenti, secondo la vostra opinione? Come definireste il vostro sound in questo momento?
E’ difficile da dire, credo che ci siano ancora degli elementi di post-punk e new-wave all’interno della nostra musica. Credo che tutto ciò che è cambiato sia il fatto che siamo migliorati a suonare e a scrivere le canzoni.
Che cosa ci potete dire del titolo dell’album, “Room Inside The World”? Ha un significato particolare per voi?
E’ un doppio senso. Connota sia il micro (“a room”) che il macro (“there is room”). Parla sia di trovare il tuo posto e il tuo centro, ma senza allontanarti dal mondo in generale. Nel mondo c’è spazio per tutti, se solo impariamo a entrare in empatia e a lavorare insieme.
Come funziona il processo creativo all’interno della vostra band? C’è qualcuno in particolare che scrive la musica e i testi o è una cosa collaborativa? Che cosa viene prima di solito, la musica o i testi?
Scriviamo la musica insieme e in seguito esco e scrivo i testi. A volte una riga o due escono intanto che stiamo facendo una jam e puo’ essere veramente qualcosa di magico. La maggior parte delle volte abbiamo l’80% della musica e poi vado a casa e cerco di scrivere vocals che si adattino.
Oggi il Canada ha una scena musicale indipendente molto vasta e capace di ispirare con moltissime ottime band come Wintersleep, Arcade Fire, The New Pornographers, The Besnard Lakes, Broken Social Scene, Wolf Parade, Rural Alberta Advantage, solo per citarne alcune. Anche se non siete canadesi, vi sentite in qualche modo parte di quella scena? Siete orgogliosi di essa?
Ci sentiamo assolutamente parte della scena canadese. La maggior parte di noi ha vissuto lì sin da quando aveva diciotto o diciannove anni. C’è veramente tanta musica eccellente.
So che sarete in Europa in aprile e maggio, ma purtroppo non passerete per l’Italia. C’è qualche possibilità di vedervi ritornare a suonare nel mio paese durante il 2018?
Lo spero proprio. Abbiamo sempre avuto degli ottimi concerti in Italia.
C’è qualche nuova band o musicista interessante che vorresti suggerire ai nostri lettori?
Vorrei raccomandare Un Blonde, Snail Mail, Myriam Gendron, Flashens, Vallens, Lomelda, Trace Mountains.
Grazie mille.
Grazie a te.