L’unione tra Jacopo Lietti, frontman dei Fine Before You Came e autore dei testi per “Generic Animal”, Marco Giudici e Adele Nigro (Any Other) in veste di produttori e Luca Galizia, chitarrista dei Leute, alla voce, non poteva che regalare un lavoro immenso. “Immenso” nell’accezione base del termine, in quanto comporta distanze o estensioni enormi; non si tratta di pregiudizi, ma riconoscere positivamente quante influenze, generi, idee e teste pensanti ci siano in otto canzoni dalla durata di una mezz’ora.
Jacopo Lietti ha scritto i testi per il giovanissimo Luca Galizia, che si è messo in discussione passando dalla chitarra nei Leute a frontman nei Generic Animal. Progetto che prende il nome da immagini di animali indefiniti che disegnava anni fa. Animali generici, un po’ come la sua musica, che assume sembianze jazz, emo, acustiche, elettroniche, hip hop, soul, senza mai risultare forzata.
La componente acustica ricorda, a tratti, i Bon Iver: melodie ripetute, accordi profondi a volte stoppati (“Qualcuno che è andato”), voce straziante, tracce di vocoder (“Hinterland”, “Tsunami”) e beat elettronici ad accompagnare il tutto. La componente hip hop emerge quasi naturalmente dalla voce di Luca che si trova a interpretare brani non suoi, ma riuscendo perfettamente nel compito e facendo rientrare sia metricamente sia emozionalmente testo e musica.
“Trenord” brilla nei suoi cori, nell’atmosfera soul e in un riff che risalta in primo piano quasi fosse un ritornello. Considerando tutto il collettivo che sta alle spalle, i Generic Animal riescono nella difficile impresa di far sembrare facile la commistione di tutte le influenze dei vari componenti, generi e intuizioni sonore (notevole l’andamento jazz in “Interludio”, uno dei brani più riusciti dell’album).
Questa musica indecifrabile viene accompagnate da brevi testi dalle diverse interpretazioni. In “Broncio”, il cui testo è stato scritto da Jacopo per sua figlia, si manifesta tutta la tenerezza di un padre: “Ieri pioveva e ho scoperto come fare a farti ridere. Sono quello che tiene l’ombrello e che comunque si bagna“, ma senza conoscere il background potrebbe essere stata scritta benissimo per una fidanzata o per uno dei rapporti di friendzone di cui tanti cantano. La rabbia nei confronti di un paese che non vuole cambiare prende la forma in “Hinterland”: “La città che ho lasciato / è uno stupido paese / Se tutto va come deve andare /Ci morirà il prete / E la maestra, il benzinaio / E tutti i vecchi del parchetto“. Il tempo non cambia le cose nello stupido paese, ma serve a curare i dolori di coppia: “Ma se sto male / Tu mi manchi / Non so curarmi senza te / Non faccio niente finchè non passa / E quando passa sai / Tu non mi manchi più” (sempre “Hinterland”).
“Generic Animal” è un lavoro coraggioso, immenso e profondamente inserito nelle scene musicali contemporanee, italiane e straniere, senza mai risultare un banale tentativo di imitazione. Gli otto brani prodotti durano poco, rispettando il vecchio principio della brevitas alessandrina tornato recentemente in auge: pochi brani ma sapientemente studiati e album dalla durata notevolmente ridotta. La speranza è che non ne risentano i live: portare in tour un repertorio ridotto potrebbe essere un rischio notevole.
I presupposti per continuare a far bene, però, ci sono tutti.