Ci sono dischi e dischi. Alcuni ti entrano in testa all’istante ma inevitabilmente dopo qualche settimana finisci per dimenticartene, altri necessitano di un po’ più di tempo per essere metabolizzati, ma restano per sempre con te.
Non nascondo di aver avuto qualche difficoltà all’inizio con questo debut album di Richard James Simpson intitolato “Sweet Birds of Youth”. Dai primi ascolti il disco mi risultava poco chiaro, non omogeneo, non riuscivo a capire dove si volesse andare a parare. In realtà mi sono successivamente ritrovato a canticchiare le canzoni non ricordandone allo stesso l’origine. Il desiderio di scoprire la provenienza di quelle note distorte e malinconiche era talmente intenso, che una mattina ho passato al setaccio le varie cronologie di ascolto.
Insomma Richard James Simpson, veterano cantante e chitarrista dei Teardrain, in questo caso si presenta in veste solista dimostrando di essere riuscito a metabolizzare una grossa gamma d’influenze in maniera del tutto coerente e ,tra l’altro, molto personale. “Sweet Birds Of Youth” riesce a distinguersi facilmente dalla maggior parte dei dischi del genere che siamo abituati ad ascoltare oggi, e questo forse anche grazie alla genuina autoproduzione che da quel valore aggiunto e necessario ad artisti di questo calibro.
In realtà è proprio per questo che il disco non è immediato, la varietà di suoni e musica in genere è veramente ampia, ma una volta che lo stesso ci entra in testa si ancora alla perfezione.
La collaborazione chiave con musicisti come Joey Burns (Calexico) Theo Welch (Barry White) e Dustin Boyler (John Cale), riesce in quel risultato visionario tanto ispirato da artisti come Bowie, Iggy Pop, The Pixes e Soundgarden. Le canzoni risultano sognanti e sexy allo stesso tempo. Sonorità distorte e a volte acustiche ricordano a tratti il Grunge scarno e spoglio di arrangiamenti alla Screeming Trees o dello stesso Mark Lanegan.
Insomma diciotto brani che filano e che si fanno voler bene dall’inizio alla fine, mentre la voce sospirata e a volte distorta di RJ Simpson condisce il tutto alla grande.
Un album da ascoltare tutto d’un fiato, un viaggio essenziale e sperimentale da non sottovalutare.