Come ormai faccio molto di rado, a causa della brodaglia omogenea e incolore targata Netflix che tanto va di moda, mi sono fatto convincere dall’entusiasmo generale intorno a questa serie e l’ho guardata. Pentito non me ne sono, ma non è il capolavoro di cui tanti hanno parlato.
Complici la brevità degli episodi e della serie nella sua interezza, ma anche due protagonisti completamente fottuti e irresistibili, “The End Of The Fucking World” si lascia guardare molto bene, a tratti addirittura avvince alternando grasse risate (all’episodio di ‘Frodo’ potevo morire) a tenere commozioni.
Molti personaggi sono ben riusciti (il padre di lui, la poliziotta buona), altri sono terrificantemente prevedibili e macchiettistici (il padre di lei, il padre adottivo di lei… poveraccia, tutti a lei i personaggi di merda).
Il messaggio generale è un po’ scontato, nel senso di chiaro dalla prima inquadratura, ma la cosa non inficia particolarmente l’interesse verso il finale, anzi rende intrigante il modo in cui si arriverà all’agognata maturazione.
Un po’ fastidiosa e plateale l’estetica indie spiattellata in ogni inquadratura e nota.