Potremmo definire Danny McNamara come pretenzioso dopo questa uscita: “Abbiamo deciso di creare un album in cui ogni canzone possa giocarsela con le migliori canzoni che abbiamo mai scritto e sono abbastanza fiducioso che ci siamo riusciti“, eppure, dopo aver sentito questo disco, non riusciamo a liquidarlo frettolosamente con quell’aggettivo, semplicemente perchè davvero gli Embrace hanno fatto il massimo e noi non possiamo non apprezzare lo sforzo.
C’è chi parla di ritorno al passato, alle atmosfere degli esordi, quelli che prendevano il meglio degli Oasis e dei Verve e li fondevano in modo memorabile. Possiamo essere d’accordo. Aggiungiamoci pure una punta di Coldplay (pure loro quelli del primo disco) se vogliamo. Ma quello che proprio ci esalta (si!) è il ritorno della loro magnifica epicità , quella che ti fa salire in piedi sopra la sedia o sopra il divano e ti fa pattere il pugno sul petto, urlando quei ritornelli emozionanti che i migliori Embrace hanno sempre saputo costruire. Sia chiaro, le canzoni di “The Good Will Out” restano sempre una spanna sopra, ma qui la creatività e la scrittura tornano ad essere sicuramente ispirate e il sette in pagella è pieno e meritato. Non di più mi si dirà ? No, perchè sento che la band può fare ancora meglio, ora che la retta via è stata ritrovata e perchè, a tratti, un po’ di manierismo eccessivo fa capolino.
Sta di fatto che è bello ritrovare della sana emozione nella musica degli Embrace, ritrovare lo struggimento, gli archi preziosi e le ballate che partono in punta di piedi e poi ti travolgono, mentre i lacrimoni scendono copiosi. Questo si vuole dai McNamara, perchè è questo che loro sanno fare da Dio. Null’altro.
Da cosa parte il tutto? Da una considerazione che pare semplice e banale, eppure è drammaticamente vera. “La maggior parte della gente si ricorda di mangiare, respirare e bere, ma molti dimenticano l’amore finchè non è troppo tardi. Poi il tuo intero mondo non implode o ti trasformi in un mostro. L’album riguarda la consapevolezza che senza cibo, acqua o riparo si muore, sì, ma lo stesso vale anche per l’amore“. Amore non è solo gioia e sorrisi però, è anche perdita, tradimento, insicurezza, promesse più o meno mantenute. Amore è un viaggio che si fa insieme e questo è quello che, finalmente, ritroviamo negli Embrace 2018, la voglia e la capacità (sopratutto) di prenderci per mano e di darci una spinta forte per seguirli dall’inizio alla fine dell’album, senza cedimenti: finalmente ecco il percorso insieme che riprende.
Non era assolutamente scontata la cosa, dopo il brutto album omonimo del 2014. Se voi consideravate quel disco valido e, anzi, un tentativo di smarcarsi dai “soliti” Embrace, beh, è ovvio che la mia recensione vi sembrerà completamente fuori fuoco, ma, lo ripeto, questi sono gli Embrace, e io voglio loro, non una band con lo stesso nome ma tutt’altro sound.