di Nicola Perina
Mentre scorro le immagini sui social dei cinque ragazzi di Torino intuisco che la loro è una grande storia di amicizia oltre che di musica. A volte ti dimentichi che stai osservando scatti di una band, perchè la sensazione è quella di un gruppo di ragazzi che crescono e ‘sbaraccano’ insieme, e tutto ciò si riflette in musica facendo suonare questo primo full lenght dei LSHF come un’opera corale, un gioco di squadra, in cui ognuno è un ingranaggio fondamentale.
Il titolo del disco si pone una domanda, “Are we doing the best we can?”, la risposta al quesito va, secondo me, ricercata in uno dei motti più utilizzati sin dai tempi dell’antica Grecia: “United we stand, divided we fall“, sì perchè a quanto pare i LSHF lo centrano in pieno. Dall’impianto sonoro che creano, in ogni singola traccia, alle birre che si bevono insieme anche quando non si ha da fare prove, con il risultato di fornirci un disco che emana un senso di unione e forza corale che va invidiata.
Interpretazioni a parte, le canzoni hanno un piglio analogico che sa di vero regalandoci un sound genuino e grintoso da seconda ondata emo sulla scia di Sunny Day Real Estate e Mineral. Ma in alcuni arrangiamenti i ragazzi lasciano trasparire anche un certo gusto per epoche emo ben più recenti, specie nella ricerca di sonorità talvolta più complesse di quelle sudate e disperate che avevano invece i pionieri del genere, episodi questi in cui ritornano alla memoria band del 21esimo secolo emo come Sparta o Anberlin.
Conclusione, nel complesso non è un lavoro che sovverte il panorama emo, ma i LSHF con questo loro primo full-lenght sono riusciti a coniugare gusti personali e “new emo reinassance” senza scadere troppo nella ricerca di schemi e suoni precompilati, che da un po’ di tempo a questa parte sono tornati di moda. Motivo per cui questo “Are we doing the best we can?” è una prova di coraggio e un esempio sincero di come andrebbe ricercata la propria direzione musicale.