Bello, ma davvero bello questo disco dei Flasher. Il terzetto di Washington parte dal post- punk, ma possiede una sapienza musicale decisamente rigogliosa, tale da rendere entusiasmante il proprio sound, che si fa cangiante e stilosissimo.
La sensazione di trovarsi fra le mani un nastro che, con la Delorean di Marty McFly, è arrivato dagli anni ’80 ci colpisce e ci esalta, ma è solamente il punto di partenza questo. Un basso alla Peter Hook (e occhio perchè questo strumento nell’album fa davvero la differenza!), profumi new-wave, sapientissimo uso delle tre voci, chitarre dai volumi e dalle forme variegate che se la spassano con synth dannati che evocano i Cars e una batterista come Emma Baker che non sbaglia un colpo. Ma alla fine sono sempre i ritornelli che vincono, che si agganciano e non ci mollano più. Questa è l’arma in più di un dischetto che gioca, in modo astuto e freschissimo, carte di una mano che abbiamo visto un sacco di volte sul tavolo da gioco.
“Go” è apertura così densa e significativa che altro non si potrebbe chiedere. C’è già tutto quello che andremo a trovare nel resto del disco, condensato in 1 minuto e 41. Quando un biglietto da visita è davvero indicativo, con quelle chitarre sporche che ci avvertono che qui, in musica, dagli ’80 in su, tutto ha fatto scuola. Preparatevi a saltare e a muovervi in modo robotico con “Material”, cantando come se non ci fosse un domani il ritornello di “XYZ”, a perdere la testa nel refrain ipnotico di “Skim Milk” e a godere lascivamente con il sax di “Business Unusual”.
Boom! La bomba dell’estate è arrivata!
Photo: Jen Dessinger