La storia di Bedouine è piuttosto lunga: nata ad Aleppo e originaria dell’Armenia, la ragazza siriana si è poi trasferita in Arabia Saudita, dove ha vissuto per alcuni anni, prima che la sua famiglia vincesse, in maniera piuttosto inaspettata, la Green Card, che le ha permesso di trasferirsi negli Stati Uniti.
La giovane musicista ora di stanza a Los Angeles ha pubblicato lo scorso anno il suo omonimo primo album per la Spacebomb di Matthew E White, prodotto dal noto Gus Seyffert (Beck, Juanita Stein, Dr. Dog): nonostante le origini orientali, la ragazza siriana si è molto più concentata su un folk classico, invece che recuperare influenze dalle sue terre natali.
Dopo che il suo debutto ha ottenuto ottime recensioni, stasera Azniv Korkejian, questo il suo vero nome, arriva per la prima volta in Italia all’interno del TriP Music Festival di Milano: siamo nel Giardino della Triennale e, senza ombra di dubbio, l’ambientazione è fondamentale per il genere di musica proposta dalla musicista asiatica.
Il palco è piuttosto grande, mentre lei si presenta sola con la sua chitarra: manca una manciata di minuti alle nove e mezza, quando Bedouine sale sullo stage milanese, accompagnata da un bicchiere di vino, che continuerà a sorseggiare con grande moderazione durante tutta la successiva ora di concerto.
E’ “You Kill Me” ad aprire la serata: assolutamente leggera e romantica, la canzone risulta piuttosto minimale rispetto alla sua versione del disco, decisamente più ricca. Questo, però, non le fa perdere quel suo bellissimo senso di intimità che tanto ci piace e la voce di Azniv rimane assolutamente toccante e sembra quasi volere scaldare il pubblico meneghino in questa serata piuttosto fredda di inizio estate.
“Nice And Quiet” è dolce e calma, lascia trasparire tutti i sentimenti che la musicista di stanza in California sa descrivere e mette in luce un buon senso melodico: il coro ha un ritmo leggermente più elevato, senza però esagerare in alcun modo.
La bellezza di questa ragazza va oltre al suo gradevole viso e ai suoi lunghi capelli neri e ricci: impossibile non notare la sua gentilezza e la sua sensibilità , mentre cerca di parlare con il pubblico lombardo che, non sappiamo se perchè troppo timido o perchè poco avvezzo a parlare l’inglese (come spesso capita qui in Italia), non risponde alle sue domande.
Per il brano successivo Bedouine, infatti, chiede aiuto ai presenti per trovare un titolo: il pezzo che ha già tre titoli provvisori (ma probabilmente si chiamerà “Sunshine Sometimes”) è pieno di bellissimi sentimenti che ci arrivano direttamente al cuore.
Le emozioni proseguono anche nella malinconica “Solitary Daughter”, ma è una nuova canzone, scritta per la prima volta in lingua armena, a regalarci le sensazioni più belle della serata: scritta per gli abitanti di questa nazione asiatica che abitano in Siria, parla delle decisioni da prendere in questo difficile periodo di guerra per considerare se restare o partire per iniziare una nuova vita. Sebbene non riusciamo a comprendere una singola parola – e nemmeno il titolo ““ rimaniamo colpiti da questo pezzo folk, decisamente toccante.
Dopo averci annunciato che tornerà in Italia, e più precisamente a Trento, il prossimo 20 novembre, Azniv chiude il mainset con la bellissima “One Of These Days”, piena di speranza.
Passano pochi attimi, prima che Bedouine ritorni sul grande palco milanese per un ricco encore, che comprende, oltre all’inedita “Bird”, che finirà sul suo secondo LP, anche la cover di “Thirteen” dei Big Star, che la musicista siriana ci racconta aver suonato insieme a Waxahatchee e Hurray For The Riff Raff: la malinconia e i sentimenti della versione originale non vengono certo a mancare, dando una degna conclusione a quest’ora abbondante di concerto.
Il TriP Music Festival ci ha presentato una versione minimalista, meno ricca rispetto al disco, ma comunque emozionante e piena di fascino della ragazza asiatica: un passaggio al banchetto del merch ci sembra un giusto tributo nei confronti della giovane Bedouine.