Il suo album precedente, “Warp And Weft”, era uscito nel 2013, proprio pochi mesi dopo la nascita del suo secondo figlio Oz Rhodes e in aprile la musicista di stanza a Portland è ritornata con questo “The Lookout”, che segna la decima tappa della sua lunga carriera: nel frattempo Laura, però, nel 2016 aveva collaborato insieme a k.d. Lang e Neko Case per un LP collaborativo che ha ottenuto ottimi riscontri.
Accompagnata ancora una volta dal marito, multistrumentalista e noto produttore Tucker Martine (The Decemberists, R.E.M., Spoon, Grandaddy), la quarantaquatrenne nativa del Colorado ha realizzato un altro gradito album, composto da dodici canzoni in cui fanno la loro apparizione anche Sufjan Stevens e Jim James ai backing vocals.
I brani che ne fanno parte sono leggeri, dolci, sognanti, semplici, composti soprattutto con la chitarra e arricchiti attraverso synth, di cui qui la Veirs fa un maggiore uso, viola e perfino clarinetto: in alcune occasioni (ci viene subito in mente la bellissima, seppur cupa, “Mountains Of The Moon”) basta chiudere un momento gli occhi e sembra di poter fluttuare leggeri su splendidi panorami di natura incontaminata e senza confini.
In “Watch Fire”, che vede ospite proprio Sufjan Stevens, i synth e la batteria ci regalano momenti sognanti e danno un ritmo più veloce al pezzo, mentre “The Canyon”, seppur dall’atmosfera piuttosto scura, contiene piacevoli fiati, che aggiungono senza dubbio qualità al pezzo.
Quello di “The Lookout” è un folk dalle tinte pop che si lascia ascoltare molto volentieri, che ci fa sognare e che ci fa apprezzare le buone doti vocali della Veirs, che sa svariare in più direzioni: Laura non avrà creato rivoluzioni con questo suo decimo album, ma ha saputo ancora una volta costruire un lavoro solido e molto piacevole, che mette in luce per l’ennesima volta tutta la sua classe e il fascino della sua musica.
Photo: Jason Quigley