Uscito all’inizio del mese a due anni di distanza da “We Have Always Lived In The Harolds”, “Bringing The Backline” è il quarto e purtroppo ultimo album di Trust Fund, il progetto del musicista di Bristol Ellis Jones: proprio nei giorni scorsi, infatti, il ragazzo inglese ha annunciato la fine della corsa di questa sua avventura per motivi da lui stesso definiti “non drammatici”.
Registrato per la maggior parte lo scorso marzo al Jt Soar di Nottingham, il disco è stato prodotto, masterizzato e mixato da Patrick Hyland.
Non possiamo nascondere di aver sempre amato tutti i lavori precedenti del buon Ellis e, lo ammettiamo, anche questo ci lascia un’impressione molto gradevole, anche se qui troviamo alcune novità .
Si parte per questi trentaquattro minuti e ad accoglierci ci pensa un inaspettato coro dal sapore più r’n’b oriented che indie-pop in apertura di “Blue X”: la solita delicatezza nei vocals da parte di Jones è molto piacevole ed è capace di descrivere bene i sentimenti, mentre si passa verso territori power-pop con un ritornello potente degno dei primi (e oseremmo dire migliori) Weezer.
Un maggiore uso dei synth rispetto al passato allarga sicuramente la tavolozza dei suoi colori: in più occasioni nelle dieci canzoni che compongono “Bringing The Backline”, infatti, possiamo sentire gradite linee melodiche che sanno ravvivare il suo delizioso indie-pop (“Jonathan” e “Alexandra”, cupa e dolce come le emozioni che disegna, sono sicuramente dei buoni esempi di ciò.)
La freschezza e la perfezione pop del primo singolo “Carson McCullers” ci fanno letteralmente volare in mezzo a quel sapore dolce-amaro che è una vera delizia, mentre “The Mill” chiude il disco in modo minimale, con una canzone dai toni tranquilli e quasi mesti e dalla grande semplicità .
C’è una buona varietà in questo quarto LP di Trust Fund che, pur senza far gridare al capolavoro, è comunque un album indie-pop assolutamente valido e che ci sentiamo di consigliare: davvero un peccato che sia l’ultimo episodio per questo brillante progetto.