“Songbook” – per l’editoria italiana “31 Songs” – è un libro selvaggio, e anche un pochino bugiardo. Prima di tutto perchè non parla soltanto di 31 canzoni, ne condivide difatti almeno una sessantina, ma soprattutto perchè tradisce presto l’assunto su cui Horby intendeva fondarlo.
Ad inizio libro, zio Nick scrive che una canzone, per poter essere considerata da qualcuno una delle proprie canzoni preferite, deve essere slegata da accadimenti ed esperienze. Se così non fosse, suddetta canzone sarebbe il commento musicale ad un momento importante e non una canzone prediletta, capace in quanto tale di ricorrere nel tempo e adornare più di un momento. Anche questo assunto va, in “Songbook”, a farsi benedire presto. La maggior parte della canzoni raccontate da Hornby in questo libro sono infatti inscindibili dai relativi racconti di vita vissuta.
E’ però proprio grazie a questo tradimento che il libro trova le sue pagine più belle, riuscendo nei suoi momenti più sinceri e autobiografici anche ad emozionare. La parte dedicata all’autismo del figlio, spiegato attraverso una canzone di Badly Drawn è struggente e insieme piena di speranza, una delle cose più belle Hornby abbia mai scritto.
Piacevoli ad ogni modo anche le parti più da critico musicale, ancor più divertenti se accompagnate dall’ascolto dei brani proposti.
Songbook
Autore: Nick Hornby
Data di pubblicazione: 2002
Editore: McSweeney’s