A distanza di tre anni dal loro LP precedente, “Such Things”, i Saintseneca sono ritornati proprio questo weekend con il loro quarto disco, “Pillar Of Na”: registrato agli ARC Studios di Omaha, Nebraska, l’album è stato prodotto e mixato dal sempre stimato e prezioso Mike Mogis dei Bright Eyes e dei Monsters Of Folk.
Ancora una volta ricco di strumentazione piuttosto particolare (bouzouki e mandola, per esempio, sono presenti in “Pillar Of Na”), questo nuovo disco non nasconde comunque le origini folk-rock del frontman Zac Little.
Il primo singolo estratto da questa fatica, “Frostbiter”, che abbiamo potuto già assaggiare lo scorso giugno, vede l’uso dei synth e ci trasporta verso un mondo più elettronico, senza snaturare, però, il suono della band di Columbus, Ohio: l’aggiunta della voce di Caeleigh Featherstone, la nuova bassista dei Saintseneca, impreziosisce ulteriormente la traccia, aggiungendo grazia e una sensazione dancey al già gradevole pezzo.
Se l’inizio è quello che ci deve far capire come andrà l’album, qui siamo certo su buone strade, perchè “Feverer”, la seconda canzone, è sicuramente uno dei brani più interessanti di “Pillar Of Na”: il mellotron, le chitarre e un adrenalinico drumming ci trasportano verso le sue ottime armonie (a noi tornano in mente i Fleet Foxes, anche se qui sono presenti anche voci femminili).
Molto piacevole anche il recente singolo “Beast In The Garden”, che inizia molto tranquillo e in maniera semplice, per poi arricchirsi e fiorire con l’aggiunta di strumenti come bouzouki e mandolino, che riescono a creare una bella atmosfera.
Il vecchio singolo “Moon Barks At The Dog”, realizzato lo scorso anno, è riflessivo e relativamente semplice a livello strumentale, mentre la lunghissima title-track “Pillar Of Na”, che chiude il disco con i suoi quasi nove minuti, ci trasporta su territori folk più tradizionali, citando pure Dolly Parton e Bob Dylan: in continua crescita, il pezzo conclusivo dell’album, si chiude riprendendo “Circle Hymn”, il brano a cappella che lo aveva aperto.
Bisogna fare i complimenti a Zac Little e compagni perchè ancora una volta non hanno avuto paura a scrivere un disco che andasse fuori da quelli che sono i confini “tradizionali” del folk-rock, aggiungendo altri nuovi elementi e regalandoci un nuovo album di valore: una prova decisamente convincente.