Les Claypool ne sa una più del diavolo. Il sempre creativo leader dei Primus è un’instancabile fucina di idee vecchie e nuove. In questa estate ormai agli sgoccioli è andato a frugare nella sua personalissima soffitta musicale e ha tirato fuori un progetto di nome Beanpole risalente a metà anni ottanta e fine anni novanta. Galeotto fu l’incontro con Sean Lennon a cui Claypool ha fatto ascoltare alcuni nastri piuttosto malmessi durante il tour dei The Claypool Lennon Delirium. Quei nastri gli sono piaciuti così tanto da volerli pubblicare sulla sua etichetta, la Chimera.
Ignorando forse l’oscura leggenda metropolitana che circonda i Beanpole. Sembra infatti che Claypool avesse già provato a far uscire il Beanpole album quando gestiva la Prawn Song, costola della Mammoth Records che per anni è stata la casa di tanti side project della sua famiglia musicale allargata. Beanpole però era troppo anche per quell’etichetta, che per impedire l’uscita dell’album ha chiuso precipitosamente la Prawn Song.
Che cosa c’è di tanto strano nella musica targata Beanpole che finalmente ha visto la luce in “All My Kin”? E chi si nasconde dietro questo nome? Oltre a Claypool dei Beanpole hanno fatto parte il fido Larry LaLonde, Derek Greenberg e Adam Gates degli Spent Poets. Impegnati con strumenti mai suonati prima (LaLonde il clarinetto, Claypool la batteria) incoraggiati a improvvisare, a sbagliare, a stonare e divertirsi. L’unica regola insomma è che non ci sono regole. Se Daniel Johnston si unisse ai The Replacements verrebbe fuori qualcosa di simile.
Claypool ha preferito definirlo un incrocio tra la serie tv per bambini Captain Kangaroo, Fellini e Dalì se si fossero incontrati da giovani e avessero assunto dosi massicce di peyote. E di peyote deve esserne circolato un bel po’ nella fattoria dove “All My Kin” è nato a giudicare dai backing vocals di “Pumpkin Pickin’ Time” (ricordatevela se festeggiate Halloween) dal tono scanzonato di “Grandma” e “Sponge Boy” (che non è l’antenato psichedelico di Spongebob ma poco ci manca) o da “Chicken Boy” che sembra la sigla di uno sconclusionatissimo cartoon anni settanta.
Derek Greenberg e Adam Gates sono stati i primi ad essere sorpresi (e forse anche un po’ preoccupati per le loro attuali carriere) quando hanno saputo che Sean Lennon e Les Claypool avevano deciso di riesumare questo delirio in quindici parti di cui forse si erano anche dimenticati. Solo i fan più integerrimi e sfegatati dei Primus avranno il coraggio di avventurarsi tra le primitive, primitivissime note di “All My Kin”. Altri lo giudicheranno un passo falso, da dimenticare in fretta.
Una cosa è certa: un disco così assurdo, scherzoso, anarchico e fuori dagli schemi poteva essere partorito solo dalla mente vulcanica di Les Claypool. L’uscita di “All My Kin” è un premio alla bizzarria, alla tenacia e al coraggio che servono per pubblicare un album che tanti altri avrebbero lasciato da parte, dimenticato in un cassetto. Da ascoltare con leggerezza, senza porsi troppe domande, ridendo a crepapelle e affiancandolo magari a un disco a scelta degli Half Man Half Biscuit.