“Inside In/Inside Out”, annus domini 2006, aveva lanciato i The Kooks di Luke Pritchard sulla scena musicale mondiale all’interno di quella seconda generazione del guitar pop rock di matrice albionica, al fianco dei vari Arctic Monkeys, The Fratellis e compagnia. I The Kooks erano allora ventenni dalle belle ballate, super orecchiabili, romantiche ed effervescenti, e l’album vendette oltre 2 milioni di copie.
Da lì, sono rimasti una sorta di eterna promessa del settore, mai consacratisi, tra vari passaggi a vuoto o comunque lavori non proprio convincenti; pure l’ultimo “Listen” del 2014 è passato come un tentativo, peraltro piuttosto deludente, di reinventarsi in taglio world music.
Questo “Let’s Go Sunshine” segna un ritorno al ricettario originale; va detto, gusto melodico e frizzantezza ci sono, la voce a tratti nasale e il falsetto di Pritchard sono belli e riconoscibili, i brani hanno una buona presa.
Il punto focale è però un altro, piuttosto evidente: tra pa-pa-pa e woah-woah-woah (la banger pop “Kids” o “Fractured and Dazed”), coretti, momenti vagamente punk (diciamo più college pop punk, “Pamela” e i suoi na-na-na), pillolone di dolcezza ai limiti del rischio carie (“Honey Bee” con le sue sonorità à la “Faith” di George Michael o i beat vagamente surf di “No Pressure” in chiusura), i The Kooks si dimenticano di avere (o fanno finta di non avere) 12 anni in più rispetto al richiamato “Inside In/Inside Out” e ci si aspetterebbe quindi qualcos’altro, come un minimo di coraggio, di valore aggiunto, meno ingenuità almeno nei testi, un pizzico di mordente, di rischio, di ricerca di un personale stile.
In soldoni, tanto pop, poco rock. Tanto fumo, poco arrosto.