I Future Generations arrivano al loro secondo album e si meritano la nostra classica segnalazione sulla rubrica degli emergenti in rampa di lancio. Il synth è l’elemento cardine che lancia in orbita le variegate e nostalgiche melodie pop dei nostri, che si fanno piacere fin dal primo ascolto, sia quando avanzano ciondolanti e morbide, sia quando si fanno dannatamente incalzanti e sbarazzine.
“Il titolo deriva, in parte, dalla fine della prima relazione significativa della mia vita, e, con il trasferimento della band a Brooklyn, siamo stati tutti messi in un mondo in cui non avevamo mai vissuto, abitando da soli e assaporando il gusto di essere a New York City“, spiega il cantante Eddie Gore. Riflettendo sul nome scelto, Gore indica la missione della band di trasmettere energia positiva. “Siamo tutti persone molto ottimiste che sono davvero grate di poter fare ciò che amiamo insieme“, dice. “La nostra speranza è che anche le generazioni future abbiano questo: fare ciò che amano e stare con chi amano. è un po’ idealistico, ma penso che sia ciò che veramente incapsula l’intero spirito della band“. Con queste premesse, beh, impossibile non lasciarsi andare, assaporando questo ottimo spaccato pop, influenzato anche da trame hip-hop, capace di lavorare ottimamente sul ritmo anni ’80 (“All The Same”), ma anche di non perdere di vista una voglia di sperimentare (“I Never Knew I Was Lonely”).
Una piacevolissima sorpresa.