?Alos è il nome del progetto solista di Stefania Pedretti, musicista e performer sperimentale nota soprattutto per le ottime cose fatte insieme a Bruno Dorella negli OvO, audace duo avant-garde/noise/industrial (e chi più ne ha, più ne metta) che abbiamo ascoltato l’ultima volta un paio di anni fa con l’album “Creatura”.
Un lavoro potente sotto ogni punto di vista: metallico, ruvido e rumoroso come solo un ipotetico figlio bastardo di Lightning Bolt e Godflesh potrebbe essere. Non lasciatevi ingannare dalle apparenze, però: dietro la spessa scorza granitica gli OvO nascondono un cuore che gronda pathos.
A fare la differenza è proprio la voce della cantante di Vigevano, che anche quando si trasforma in terribile rantolo mortale (mi viene in mente “Buco Nero”, tanto per fare un esempio) porta con sè una carica emotiva e un’umanità in grado di colpire chiunque. Non sorprendetevi quindi se vi dirò che nell’ambient monolitico di “The Chaos Awakening” Stefania Pedretti trova il suo habitat naturale.
Il maggior risalto a quella matrice drone che nell’opera degli OvO c’è ma è spesso solo in sottofondo dona sfumature inedite a un disco che poi tanto disco non è: si tratta infatti di una traccia unica di 20 minuti, registrata dal vivo durante una residenza artistica in una vecchia casa cantoniera chiamata Valico Terminus, a Lugolo di Ramiseto.
Ma siamo davvero in un paesino sull’Appennino reggiano? No, perchè a sentire “The Chaos Awakening” sembra di essere su un ascensore che lentamente ci cala in un’idea di inferno simile a quella che probabilmente hanno in Estremo Oriente. Gli interminabili tappeti di synth, le montagne di scampanellii e i flauti apocalittici che infondono oscuro misticismo alla musica di ?Alos sfumano solo quando Stefania Pedretti inizia timidamente a produrre suoni con la bocca.
E qui c’è una bella sorpresa: il canto armonico in stile tuvano che ascoltate è un chiaro segno di quanto “The Chaos Awakening” sia legato alla tradizione asiatica. La parte finale della suite (perchè credo la si possa considerare tale) è un vero e proprio studio che Pedretti compie sulla sua voce. Una voce che si trasforma in strumento: imita i suoni della natura, attraversa ogni tipo di metamorfosi e, quando tutto sembra vicino al termine, si moltiplica in un esercito di disperati i cui versi vi perseguiteranno a lungo nei vostri incubi. Un album da godersi come un bel film (horror, naturalmente).