A pochi giorni dalla pubblicazione del suo prossimo disco, “Wanderer” uscirà il prossimo 5 ottobre via Domino Recording Company, Chan Marshall si racconta in una lunga intervista al The New York Times dove tra le altre cose svela i motivi della rottura con la Matador Records sua precedente etichetta.
Già durante le lavorazioni del precendete “Sun” (uscito nel 2012, ) le tensioni con la label erano ben oltre i livelli di guardia:
Dicevano ‘fallo ancora’, ‘fallo meglio’, suonava come ‘vogliamo una hit’ ed è quello che feci. Raggiunsi la Top 10, ho fatto quanto di meglio potessi fare per avere una hit.
e ancora:
Se mi guardo indietro so che loro mi stavano usando, capivo che mi trattavano come un prodotto e io mi sono sempre sentita una persona.
In particolare l’artista fa riferimento a quando negli uffici della label i rappresentati della Matador le facevano ascoltare il nuovo disco di Adele suggerendole come il suo successivo lavoro avrebbe dovuto suonare.
Ho dovuto lottare per ogni piccola cosa. I Pavement andavano alle Bahamas con l’etichetta, gli Interpol stanno andando a St. Lucia e io urlavo ‘potete portarmi fuori a cena ?’… Mi piacerebbe andare un posto elegante…
La Marshall ammette inoltre che il nuovo “Wanderer” è stato rifiutato dalla Matador versione dei fatti confermata da Andy Slater presidente della Capitol Records e attuale manager dell’artista che dichiara:
Lo considerano non buono abbastanza, non forte abbastanza per essere pubblicato.
La risposta della Matador all’intervista apparsa sul New York Times non si è fatta attendere.
In un comunicato ufficiale recapitato allo stesso giornale un rappresentante della label dichiara:
Non ci sono dubbi che Chan Marshall sia uana delle più talentuose e brillanti artiste con la quale abbiamo avuto la fortuna di lavorare. Il nostro rapporto di lavoro non è stato senza momenti difficili, eravamo in disaccordo su argomenti artistici e di business ma nessuno di questi ha cambiato il rispetto che abbiamo sempre avuto nei suoi confronti come persona e performer.
Photo: Leah Pritchard, CC BY-SA 2.0, via Wikimedia Commons