“B’lieve I’m Goin Down”…” (leggi la recensione) è ormai lontano tre anni e, in mezzo, troviamo anche il disco collaborativo dello scorso anno insieme a Courtney Barnett, “Lotta Sea Lice” (leggi la recensione): il musicista della Pennsylvania, che abbiamo visto un paio di estati fa in apertura dei Wilco nel sempre splendido scenario di Piazza Castello a Ferrara, non è stato certo con le mani in mano in questo periodo e questo weekend è arrivato, via Matador Records, il suo ottavo LP, “Bottle It In”.
Registrato in numerosi studi in giro per gli Stati Uniti nel corso di due anni e mezzo, il lunghissimo album di Kurt Vile (quasi ottanta minuti) ospita musicisti importanti come Kim Gordon, Cass McCombs, Stella Mozgawa delle Warpaint e Mary Lattimore: al suo classico indie-folk dal sapore psichedelico il songwriter statunitense qui aggiunge spesso suoni lussureggianti e tintinnanti.
Su “Bottle It In” Vile spinge maggiormente rispetto al passato sulla parte elettrica, riproponendo lunghe jam che nell’ultimo suo disco non erano presenti, trovando soluzioni vincenti soprattutto nel lunghissimo e recente singolo “Bassackwards”.
Sulla title-track, ancora più lunga (quasi 10’40”), si nota la presenza della batterista delle Warpaint e dell’arpista Mary Lattimore: il contributo delle due musiciste aiuta senza dubbio Kurt a mantenere l’atmosfera interessante e, in qualche modo sognante, in modo che l’ascoltatore rimanga ben incollato alle sue cuffie.
“Come Again”, con il suo banjo e il suo ritmo vivace, ci porta su territori country-folk, nostalgico e con alcune belle melodie, mentre il singolo “Loading Zones”, ha un sapore più classico e si trova vicino alle cose più belle realizzate dalla sua vecchia band, The War On Drugs.
Stranissima ed eccitante la chiusura, la brevissima e strumentale “(Bottle Neck)”, dai riferimenti funk e piena di synth, che ci porta su territori sonori mai toccati da Vile in passato.
Certo ci vogliono parecchi ascolti prima di riuscire a digerire questo nuovo lavoro del musicista nativo di Philadelphia e non tutti riusciranno ad accettare ben tre brani di dieci minuti (oltre a tanti altri ben superiori ai cinque): a volte purtroppo Kurt tende magari a perdersi (“Skinny Mini”, altro brano molto lungo, non è certo tra i più riusciti di questo disco) e i risultati possono non essere quelli previsti, ma crediamo che “Bottle It In” sia comunque un lavoro solido, sereno e luminoso, che possa portare ancora in avanti il progetto di Vile.
Provate ad ascoltarlo durante un lungo viaggio notturno in macchina, magari lungo qualche autostrada semideserta: potrebbe essere la vostra colonna sonora.