A distanza di tre anni dal suo sophomore, “After”, la scorsa settimana Doe Paoro è tornata con questa sua nuova prova sulla lunga distanza.
Dopo l’esperienza presso lo studio di Bon Iver nel Wisconsin per il disco precedente, Sonia Kreitzer ““ questo il suo vero nome ““ che nel frattempo si è trasferita dalla nativa Syracuse, New York a Los Angeles, ha registrato il nuovo disco a Londra insieme al noto produttore Jimmy Hogarth (Amy Winehouse, Duffy, Sia, Paolo Nutini).
Se nel suo secondo album si era lasciata aiutare da Justin Vernon e S. Carey, che l’avevano portata a lavorare con synth ed elementi elettronici, questa volta la trentaquattrenne statunitense ha preferito lasciarsi ispirare dalle armonie vocali dei gruppi femminili degli anni ’60 come Shirelles e Ronettes.
L’inizio dell’album è molto promettente con “Over” che non nasconde le sue influenze indie-pop anni ’60: le melodie deliziose, le armonie lussureggianti, le morbide chitarre e gli ottimi arrangiamenti ci regalano una sensazione di nostalgia di quelle che ci piacciono parecchio.
“Guilty” è invece malinconica con il suo piano che, accompagnato da un’elegante sezione di fiati, costruisce una ballata ispirata, mentre “The Projector” si trasforma in qualcosa di più rock, grazie soprattutto alle numerose e potenti chitarre.
“Fading Into Black” ha un’anima più soul-pop e nel coro ci ricorda in qualche modo la nostra amatissima Florence Welsh (aka Florence & The Machine), mentre “The Wine” chiude il disco in maniera piuttosto minimalista, facendoci respirare un’atmosfera molto tranquilla e quasi sognante.
Un disco piacevole e dai sapori classici, “Soft Power” segna un nuovo cambiamento di direzione per Doe Paoro: noi ci lasciamo conquistare dalla sua musica gentile e raffinata.