Il nome del canadese Daniel Romano compare spesso nelle top ten di fine anno di blog e riviste musicali d’oltreoceano. Poeta, artista, produttore, grafico, musicista avventuroso e personaggio fuori dagli schemi ha suonato a lungo con gli Attack In Black e i City And Colour di Dallas Green (frontman degli Alexisonfire) senza trascurare la carriera solista che l’ha portato a registrare un album all’anno negli ultimi otto anni collezionando nomination a Polaris Prize (con “Sleep Beneath the Willow” e “Come Cry With Me”) e Juno Awards (“If I’ve Only One Time Askin”).
Il 2018 si è aperto con due album usciti a sorpresa il quattro gennaio (“Human Touch” e “Nerveless”) e si chiude con i nove brani e la doppia copertina (quella dell’edizione canadese e quella internazionale) di “Finally Free”. Tre dischi in dodici mesi, numero pazzesco anche per un artista prolifico come Romano, amante del country e del folk in ogni sua sfumatura e velocità d’esecuzione. Per registrare “Finally Free” si è chiuso in una stanza con un microfono, basso, chitarra, batteria, amplificatori e un registratore Tascam vintage, di quelli introvabili che vanno ancora a cassette.
Esplorando in lungo e in largo la branca più spirituale del folk pastorale e minimalista, tutto giocato sulle armonie e su arrangiamenti eleganti e molto curati. Quelli di “All The Reaching Trims” ad esempio o “Celestial Manis” mentre l’organo psichedelico di “The Long Mirror Of Time” e l’energia “Empty Husk” mettono in mostra il lato più sfrenato del ragazzo dell’Ontario, che poi rientra rapidamente nei ranghi del folk più genuino.
“Finally Free” è la fine di un ciclo per il menestrello Daniel Romano, che chiude il sipario sul suo indaffaratissimo 2018 regalandosi un disco che non ha il classico singolo pigliatutto come “Roya”, che spiccava all’interno di “Modern Pressure”, ma accompagna piacevolmente verso il 2019.