Cominciare a vivere l’inverno. In fondo è come se fosse lunedì.
Dopo l’autunno arriva la normalità . Dopo il weekend arriva la quotidianità .
è necessario un’iniezione motivazionale di spessore.
Ecco che arriva Raffaella Destefano (già con gli indimenticabili Madreblu) con “Un atlante di me” a dare una bella impronta di pop (ottimamente strutturato e arrangiato) a supportare le sue parole. Lievi influenze elettroniche, chitarre acustiche, strumenti a fiato che fanno capolino e melodie che entrano in circolo piano piano. Raffinata e scrupolosa. Sempre bravissima.
“Conosco quello che lascio e qui non so dove andare“.
Questa è la sberla che benevolmente Raffaella Destefano mi/ci lancia in questo lunedì dell’animo.
Certezza che si mescolano ad incertezze, praticamente il menù fisso in questa trattoria che è il nostro corpo.
Uno di quei posti dove chi può si ferma, consuma e decide di andar via, magari senza tornare.
“Non ho più voglia di incoronare la tristezza” è l’urlo che lancia “Altrove”.
Immaginare chi si ferma in noi sgattaiolare via quando volgiamo loro le spalle.
Osservare il posto vuoto e vedere anche ancora la porta muoversi, scorgere ancora le loro ombre.
Fuggire via a “2k Miglia” da noi.
Come se le distanze fossero capaci di far materializzare qualcuno che non c’è.
Immagino ancora la porta di me oscillare.
Come se ci fosse un alito di vento a scuoterla. In realtà è solo assenza.
“Sei il freddo che non senti,
sei il tempo che non hai,
sei dentro i tuoi silenzi, da sempre.
Sei tu la tua distanza da questa eternità dal mondo che non vedi.”
Perdersi nella perdita. Confondersi a causa dello smarrimento altrui.
Maledirlo a causa della sua capacità di farci mancare la percezione della terra sotto i piedi.
Processi di rigenerazione necessari per ritrovare la bussola e, di conseguenza, ritrovare la giusta posizione, la nostra.
In questo caso ci viene in soccorso “Atlas” che assume la forma di una pacca sulla spalla,
un incoraggiamento sincero a non temere le nuove sfide che si porranno dinanzi a noi.
“Disegnerò un atlante, un atlante di me,
non avrò paura di capire dove sono di nuovo.
Troverò le giuste coordinate di me,
sarà un’avventura imparare chi sono di nuovo.”
Viaggi mentali. Stazioni immaginarie. Partenze infinite.
Ripartire da se stessi, questo è il filo rosso che collega un po’ i brani di “Un atlante di me”.
La capacità di ricostruirsi partendo dal materiale che più di tutti conosciamo: la nostra pelle.
Allora guardiamo noi stessi, lontani da casa eppure ancora noi stessi, ancora una volta.
Fuori dalla gittata delle cannonate dirette al nostro cuore, cerchiamo rifugio nel più tranquillo nord Europa, magari ad “Oslo”.
“Sotto un cielo di stelle diverso
sei distante da quello che hai.
Solo tu puoi trovare chi sei,
quando guardi la pelle che hai perso
ora senti che puoi capire chi sei”
“Un atlante di me” non è solo quello che ho citato. Fanno parte di questo lavoro anche “Fareway” e “Change”, realizzati da Odette di Maio (ex cantante dei Soon).
Così come i testi di “Altrove” e “2k Miglia” sono nati dalla saggia penna di Guido Briocchi.
Un lavoro a più mani che confluisce nella splendida voce di Raffaella Destefano.
Un album consigliato a chi cerca riscatto, a chi è fermo in stazione e non ha il coraggio di portare con sè la valigia dei ricordi e lasciare fermi al palo corpi che troppe delusioni hanno recato.
Un album per i coraggiosi, per chi non teme di voltare pagina, per chi torna a credere nelle proprie capacità .