I MIGLIORI 10 DISCHI DEL 2018 SECONDO I LETTORI DI INDIEFORBUNNIES:
#10) Riccardo Sinigallia – Ciao Cuore (Sugar)
#9) Spiritualized – And Nothing Hurt (Bella Union)
#8) Lucy Dacus – Historian (Matador)
#7) Any Other – Two, Geography (42 Records)
#6) Beak> – >>> (Invada Records)
#5) Gaz Coombes “World’s Strongest Man” (Hot Fruit/Caroline International)
#4) Anna Calvi “Hunter” (Domino)
#3) Night Flowers “Wild Notion” (Dirty Bingo)
#2) Low “Double Negative” (Sub Pop)
#1) Idles “Joy as an Act of Resistance” (Partisan)
Guarda le posizioni dalla 25 alla 1 de I MIGLIORI 50 DISCHI DEL 2018
#50) CRACK CLOUD
Crack Cloud
[Deranged Records, Meat Machine]
Dopo due ep tornano i Crack Cloud con il loro primo album, che , alla fine è l’unione dei ep citati prima, ma allora perchèsta in prima posizione? Per T U T T O. Suoni, testi e videoclip, tutto in questa band è estremamente originale: un post punk contorto a tratti e, nonostante siano in sette a suonare, riescono a creare questo suono cosi arido e secco che non puoi non rimanere estasiato dallo shock: il mio best album di quest’anno.
(Gioele Maiorca)
#49) AVION TRAVEL
Privè
[Musicacè]
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Quindici anni di relativa assenza dalle scene discografiche e un grave lutto (la morte del chitarrista Fausto Mesolella) non hanno scalfito la dolce ironia della Piccola Orchestra, che torna a farsi largo in un panorama musicale frammentato e difficile come quello odierno. “Privè” conferma la grande qualità artistica e umana degli Avion Travel: avventurosi negli arrang iamenti, passionali e poetici nei testi, con un orecchio al presente e uno al passato
(Valentina Natale)
#48) KHRUANGBIN
Con Todo El Mundo
[Night Time Stories]
Interruttore acceso sulla modalità chill out per questi mariachi del groove. “Maria Tambièn” è nata per finire in un film di Tarantino. Resa live eccellente, impossibile restare immuni al contagio
(Anban)
#47) SOCCER MOMMY
Clean
[Fat Possum Records]
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Capire cosa significa cantare in modo personale e colloquiale è semplice. Ascoltare “Clean” è un esercizio di stile, di comprensione. Soccer Mommy è una scintilla nella notte e se molti dischi sono apocalittici, Sophie Allison (vero nome di Soccer Mommy) riesce a dare la sensazione che anche la notte più buia e intricata può essere illuminata e migliorata. Partendo da un disco così è facile migliorare una serata.
(Gianluigi Marsibilio)
#46) THE ESSEX GREEN
Hardly Electronic
[ Merge Records ]
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Erano passati così tanti anni dal loro precedente lavoro che non pensavo tornassero più, invece eccoli con un album formidabile, tra Belle and Sebastian , The Beautiful South , e anche i nostri Baustelle , questi fenomeni di Brooklyn sembrano una band inglese con influenze americane. In un mondo più giusto “Don’t Leave It in Our Hands” avrebbe scalato le classifiche, ma in fondo è andata meglio così.
(Fabrizio Siliquini)
#45) JEFF ROSENSTOCK
POST-
[Polyvinyl]
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Pubblicato sulle piattaforme di streaming musicale alla mezzanotte del 1 ° gennaio 2018, “POST-” di Jeff Rosenstock presenta molti punti in comune con il lavoro dei Superchunk che ha conquistato la quarta posizione della mia top 10. Alla base della ricetta vi sono sempre pop punk e riflessioni politico-sociali, condite di abbondanti spruzzate di power pop alla Weezer dei vecchi tempi andati. C’è però anche voglia di andare verso qualcosa di più ambizioso, epico, mi azzardo a dire persino “springsteeniano”: con le monumentali “USA” e “Let Them Win”, il desiderio di Rosenstock di arrivare al grande pubblico si fa palese. Se questi sono i risultati, non si può non essere dalla sua parte.
(Giuseppe Loris Ienco)
#44) JONATHAN WILSON
Rare Birds
[Bella Union]
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13 tracce che riverberano e mescolano lo scibile musicale per creare nuove e inedite combinazioni.
Come in “Me”, dove si passa da soavi tintinnii di campanelle a decisamente più graffianti assoli di chitarra elettrica. Oppure i giochi sonori quasi da video game di “Over The Midnight”, che sbucano da un tappeto sonoro di batteria e tastiera
Come se tutto ciò non bastasse, aggiunge la collaborazione con Lana Del Rey.
“Rare Birds” è una navicella spaziale lanciata nel cosmo per scoprire nuove possibilità e paradisi sonori. Non possiamo far altro che salirci a bordo e lasciarci conquistare, alienare e attraversare.
(Giulia Zanichelli)
#43) NOTHING
Dance on The Black Top
[Relapse Records]
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Altro album attesissimo quello dei Nothing dopo il magnifico “Tired of Tomorrow”. Che volete che vi dica, Domenic Palermo e soci non ne sbagliano una, e per quanto mi riguarda si riconfermano i sovrani indiscussi di un genere che fonde assieme Grunge, Shoegazie, Noise e Slowcore. Una ricetta ben precisa che non finisce mai di stupire i vari depressi musicali di turno, come chi scrive. Bravi ragazzi, e grazie per avercela fatta ancora.
(Ben Moro)
#42) BOYGENIUS
Boygenius EP
[Matador]
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Prendi due cantautrici incredibili, unisci la fuoriclasse assoluta (Julien Baker) e senza nemmeno troppo sforzo verrà fuori Boygenius. Il trio ha una conformazione ben precisa e si inserisce perfettamente in un discorso profondo su come la musica stia cambiando, loro a livello internazionale rappresentano la parte migliore di un movimento che sfocia anche in Snail Mail, Soccer Mommy. Boygenius però è la più forte spinta intimista del 2018, e allora appena parte il breve EP stiamo in silenzio, per ascoltare una magia.
(Gianluigi Marsibilio)
#41) SUNFLOWER BEAN
Twentytwo In Blue
[Lucky Number Music]
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Beata gioventù, verrebbe da dire. Ma poi pensandoci bene, a soli 22 anni questi ragazzi di New York hanno molto da dire e sembrano ben più adulti dell’età che hanno e che celebrano anche nel titolo del disco, Twentytwo In Blue. Probabilmente i genitori di Julia Cumming, la vocalist/bassista, erano dei fan sfegatati di Blondie e non ascoltavano altro, a giudicare dalle sonorità del disco. Ascoltato ad occhi chiusi appare come un ottimo disco indie rock, con reminiscenze fine anni ’80 inizi ’90. Tipo Elastica o qualcosa del genere. E si crede di essersi persi una band di quell’epoca. Poi si aprono gli occhi e si rimane colpiti dalla gioventù in copertina.
Splendente.
(Bruno De Rivo)
#40) THE SOFT MOON
Criminal
[Sacred Bones]
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Alcuni rimpiangeranno gli esordi lo-fi e meno “personalizzati” del progetto Soft Moon. Noi non possiamo non apprezzare l’emergere sempre più nitido dell’anima più fragile del suo demiurgo, il quale però continua a non disdegnare mai affondi feroci e attacchi frontali. Il risultato del mix tra i due volti di Vasquez è un altro piccolo capolavoro di rock “nero” moderno, memore del passato e smarrito nei labirinti dell’Oggi, e quindi proprio per questo ben consapevole del momento attuale.
(Luca Morello)
#39) KURT VILE
Bottle It In
[Matador]
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Kurt ormai è una certezza e riesce a intrattenere anche quando non ha troppo da raccontare. “Bassackwards” è in loop nel cervello con e senza Spotify dalla data di uscita del disco.
(Silvia Niro)
#38) ICEAGE
Beyondless
[Matador]
Tutto ciò che doveva esser morto, risorge, ma non con un attitude compassata, ma anzi si accende e ritrova nuova verve in nuovi elementi narrativi. Sconvolgono per la loro voglia di rompere ogni equilibrio, non c’è tradizione o filo rosso che leghi gli Iceage, loro sono selvaggi, e “Beyondless” è un altare che finalmente ha esaudito le nostre preghiere.
(Gianluigi Marsibilio)
#37) MINISTRY
AmeriKKKant
[Nuclear Blast]
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Questo disco ha fatto schifo praticamente a tutti. Io invece continuo ad ascoltarlo in continuazione, nonostante sia già passato qualche mese dalla sua uscita. I Ministry hanno fatto di molto meglio, su questo non ci sono dubbi; qui tuttavia ci sono tante belle canzoni decisamente coinvolgenti, dalla maestosa “Twilight Zone” alla rabbiosa “We’re Tired of It”. Con il vecchio Al Jourgensen l’industrial metal è e sarà sempre in buonissime mani.
(Giuseppe Loris Ienco)
#36) THE GOOD, THE BAD AND THE QUEEN
Merrie Land
[Studio 13]
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Albarn e soci ci accompagnano in un’Inghilterra decadente, malinconica, brumosa. Una gemma destinata ad essere riascoltata tra decenni. “Ribbons”, inoltre, è un gioiello di rara fattura.
(Anban)
#35) EX:RE
Ex:Re
[4AD]
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Questo disco è un desiderio che si è avverato. Il disco riesce infatti a mostrare una Elena Tonra che ha un sacco da dire e sta benissimo in piedi anche senza il resto dei Daughter (che non sono in crisi mistica e stanno preparando il terzo album, quindi niente panico). Passato e persone-fantasma, chi non li ha mai affrontati? Lasciatevi cullare dal taglio a scodella più dolce del secolo.
(Silvia Niro)
#34) MOTTA
Vivere o Morire
[Sugar]
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Ho sempre avuto un’idea negativa di Motta, e non so spiegarmi nemmeno il motivo. Lo trovavo sopravvalutato, altezzoso e il disco d’esordio troppo sotto i riflettori. Mi sono riproposto di cercare, quantomeno, di ascoltarlo con più attenzione. “Vivere o morire” ha chiaramente smentito ogni singolo parere negativo che avevo. Con «di cambiare accordi non me ne frega niente» ho abbassato le difese e per come suonano ho gettato le armi e mi sono arreso.
(Massimiliano Barulli)
#33) ST. VINCENT
MassEducation
[Loma Vista]
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E’ passato poco più di un anno dall’uscita di “Masseduction” e Annie Clark torna a sorprendere. “MassEducation” è una versione solo piano e voce di quel disco, registrata insieme a Thomas Bartlett in arte Doveman. St. Vincent dimostra che un brano musicale se ben costruito cresce e si trasforma, può diventare completamente diverso da com’era stato concepito all’inizio senza dover rinunciare alla qualità . Coraggiosa, creativa, unica nel suo genere.
(Valentina Natale)
#32) PHANTASTIC FERNITURE
Phantastic Ferniture
[Polyvinyl/Transgressive ]
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Julia Jacklin si era già meritata una buona notorietà con i suoi lavori solisti. Con questa nuova esperienza (essere parte di una band) l’artista di Sidney ha potuto spogliarsi degli abiti fin troppo tradizionali di cantante folk per aprirsi ad un più ampio spettro interpretativo che possiamo goderci in ogni brano Di un debutto davvero sontuoso. La band nata per gioco come progetto secondario dei tre componenti, alternativo alle loro carriere soliste, ha prodotto, almeno per me, il miglior album dell’anno! Indie rock da incorniciare.
(Sergio Appiani)
#31) DJ KOZE
Knock Knock
[Pampa Records]
Cinque anni dopo “Amygdala” e un’infinita dose di collaborazioni e remix nella club più stretta e autentica, Stefan Kozalla in arte DJ Koze ha maturato quello che, a conti fatti, può essere definito il vero sintetismo tra elettronica, indie e r&b degli anni duemiladieci. “Knock Knock”, nonostante una linea ben distinta che rievoca le peculiarità di composizione house del produttore tedesco, ha tutto ciò che serve a un disco che possa entrare a contatto con più mondi. Dal featuring con la regina dell’avant-pop Róisàn Murphy, presente in ben due tracce, al campione vocale di Bon Iver in “Bonfire”, passando per le virate folk con Josè González e il pop cameristico con Kurt Wagner, tutto trova un’evoluzione dai tratti interessanti. Non una semplice sfilza di nomi, dato che ogni collaborazione sembra incastonarsi perfettamente in una macchina già oliata perfettamente per partire alla scoperta. L’elettronica che entra nel club ed esplora territori più terreni, dando la sua impronta.
(Giovanni Coppola)
#30) FAILURE
In the Future Your Body Will Be the Furthest Thing from Your Mind
[Failure Records]
I Failure sono uno dei miei gruppi preferiti in assoluto. Con ogni probabilità il loro nuovo album, uscito a puntate tra marzo e novembre, sarebbe riuscito a ritagliarsi un posticino in questa mia classifica anche se avesse fatto schifo. Fortunatamente non è andata così: nonostante il titolo inutilmente lungo e difficile da ricordare, “In the Future Your Body Will Be the Furthest Thing from Your Mind” rappresenta l’ennesima conferma del talento di Ken Andrews e Greg Edwards. I diciannove anni di pausa tra il 1996 e il 2015 hanno decisamente fatto bene al trio losangelino. Laddove però il precedente “The Heart Is a Monster” tendeva un po’ troppo a indugiare sul pesante passato di “Fantastic Planet”, in questo quinto lavoro in studio i Failure abbracciano con convinzione il futuro, andando persino a prendere in prestito gli aspetti più sperimentali e coraggiosi degli Autolux (nei quali, non a caso, ci suona proprio il neo-A Perfect Circle Edwards). C’è il post-grunge, c’è lo space rock, c’è la psichedelia, ci sono le solite influenze beatlesiane ma, soprattutto, ci sono almeno due piccoli capolavori: un'”Apocalypse Blooms” che strizza pesantemente l’occhio allo shoegaze e una “The Pineal Electorate” che per me si aggiudica il titolo di canzone dell’anno. Chapeau.
(Giuseppe Loris Ienco)
#29) JACK WHITE
Boarding House Reach
[Third Man record]
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Non poteva che esserci Jack in cima a questa classifica. Il suo disco è una vera e propria bomba, capace di esplorare mille e complesse sfaccettature sonore e renderle incredibilmente efficaci. Travolgente, ambizioso e geniale.
(Giulia Zanichelli)
#28) NIGHT FLOWERS
Wild Notion
[Dirty Bingo]
Signori e signore ecco la perfezione. I Night Flowers non deludono le aspettative e piazzano un disco che entra subito, di diritto, nell’Olimpo del guitar-pop più dolce ed emozionante. Li abbiamo visti crescere questi ragazzi, li abbiamo visti affinare via via un songwriting che partiva da una base molto vicina ai Pains Of Being Pure At Heart per arrivare ora a una maturità , una personalità e una consapevolezza impressionante.
(Riccardo Cavrioli)
#27) A GRAVE WITH NO NAME
Passover
[Forged Artifacts]
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Alexander Shields, cuore e anima del progetto A Grave With No Name, è un artista capace di raccontare piccole storie private rendendole universali. Le tredici canzoni di “Passover” esplorano territori più melodici rispetto al passato ma sempre carichi di emozioni. Un elegante album che parla di famiglia, rimpianto, lutto, rinascita e di come a volte vivere in modo semplice sia la scelta migliore.
(Valentina Natale)
#26) J MASCIS
Elastic Days
[Sub Pop]
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Un album sul tempo fatto di canzoni per l’anima. Firmate da un maestro che di tempo ne ha vissuto, ma che ne vuole ancora. Senza il rumore dei Dinosaur Jr., ma ogni volta che tocca la corda singola della chitarra, che sia un assolo di elettrica o un arpeggio folk-country senza età , le pareti della stanza si trasformano in distese di cielo su cui si disegnano nuvole soffici, lente, vere.
(Anban)
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