di Daniele Cardarelli
I Deerhunter tornano a dare forma e musica alle visioni di Bradford Cox, e lo fanno con il loro solito carico di raffinatezza, compostezza e un’impressionante varietà di sfumature da cogliere una dopo l’altra.
Sospeso tra sublimi cesellamenti art rock, tentazioni vintage-pop e infatuazioni per la Berlino del ’77 con Eno alla regia (con uno sguardo, perchè no, anche alla Dà¼sseldorf dei Kraftwerk), “Why Hasn’t Everything Already Disappeared?” è l’ennesima riprova di una band che non conosce l’accezione negativa del verbo osare.
La fervida mente di Cox parte da alcuni degli orrori del secolo scorso (le vittime innocenti della rivoluzione d’ottobre) e di quello attuale (l’assassinio della politica britannica Helen Joanne Cox per mano di un neo-nazi), incontra la nostalgia, e versa nero su bianco lo sfacelo dei tempi che viviamo dove alla fine il tutto viene governato da uno sterile algoritmo.
Depressione orwelliana a parte, tra strappi ipnotici (l’interludio solo synth-batteria “Greenpoint Gothic”) e un’ode all’ultima estate di James Dean prima di bruciarsi e consegnarsi al mito per sempre (“Plains”), nell’album si susseguono una serie di bozzetti altamente melodici impreziositi dalla chitarra straripante di Tim Presley aka White Fence e dal clavicembalo di Cate Le Bon (che si staglia abbacinante nell’opener “Death In Midsummer”).
Non siamo al cospetto di quel colpo al cuore inferto da “Halcyon Digest” quasi dieci anni fa, ma anche stavolta la mela non è caduta distante dall’albero