Dopo l’album di cover “Juliana Hatfield Sings Olivia Newton-John” (in onore del suo idolo adolescenziale) uscito pochi mesi fa ed il precedente “Pussycat” (Manifesto anti-Trump per eccellenza) l’artista nata nel Maine ma cresciuta a Boston pubblica un nuovo solo album, “Weird”. Undici brani prodotti dalla stessa Juliana con la collaborazione di Freda Love Smith (con cui ha iniziato la sua lunga carriera nei Blake Babies) e da Tod Philips, batterista dei Lemonheads e compagno d’avventure nei “The Juliana Hatfield Three“).
Una valutazione positiva della solitudine è il filo conduttore che lega i brani dell’album.
“Molte persone sono impaurite dalla solitudine, non vogliono essere sole, il loro obiettivo è trovare un partner con cui dividere la loro vita ma io non sono mai stata così“. Concetto ben espresso nel singolo “It’s so Weird” dove la Hatfield ribadisce, in un ipotetico dialogo con il fratello, di non sentire il “bisogno di un abbraccio“.
Questo particolare momento della vita in cui si ha “il desiderio di innalzare una barriera tra me e chi cerca di entrare dentro di me” è quindi palpabile nelle tracce di questa ultima fatica di un’artista che ha passato gli ultimi trent’anni (32 se si pensa che la sua carriera con i Blake Babies risale al 1986) tra studi di registrazione (quasi una trentina di album se comprendiamo anche le varie band di cui ha fatto parte), concerti e relativi tour.
Non potevamo aspettarci grandi rivoluzioni di carattere musicale e di strutture in questo nuovo capitolo della Hatfield: la sua voce tenue da eterna ragazzina non ha mai avuto grande estensione ma questo non è affatto un problema o un limite. Ci sono un paio di brani che ritengo particolarmente riusciti e mi riferisco a “Lost Ship” e ” No Meaning” che con note di chitarra malinconiche e melodie vocali azzeccate sono i pezzi che più esaltano quel sentimento di solitudine ed isolamento che l’artista ci vuole trasmettere con questo lavoro.
Se si escludono un paio di pezzi (batteria lasciata alle sapienti mani e bacchette di Freda e Tod) tutti gli strumenti sono suonati dalla Hatfield che dimostra una indiscussa capacità anche nell’uso dell’effettistica, ben congeniata ad esempio nelle distorsioni delle chitarre. Indie-pop a lunghi tratti solare, canzoni semplici ma che mettono in luce una vena compositiva ancora vivace nonostante il lunghissimo curriculum che testimonia la già lunga carriera dell’artista.
Un album che sa metterti a tuo agio, come quell’ accogliente angolo del tuo appartamento dove hai con cura posizionato soffici tappeti ed il comodo divano sommerso di morbidi cuscini. Si, proprio un luogo perfetto per goderti quei momenti di sospirata solitudine, che diciamocelo francamente, sono spesso i migliori. Strano, no?