Non riesco a raccontare i sogni. Mi sfuggono dalla mente appena mi sveglio. Frammenti negli occhi, nelle sensazioni, fotogrammi, ricordi confusi, che non riesco a focalizzare. La stessa sensazione mi pervade ascoltando il nuovo album dei Copeland, che proprio della materia più preziosa dei sogni è pervaso: l’imprevedibilità , l’inafferrabilità e quella incredibile capacità di essere totalizzante.
Lo ascolto, in continuazione, ma ancora, al successivo ascolto mi accorgo di quanto mi era sfuggito prima, di quanto la mia piccola percezione non sia in grado di unire tutti i punti per svelare la grandiosità immane di un disco che lascia storditi e a bocca aperta. Eppure ad ogni ascolto ne restiamo sempre più incantati, intrappolati, desiderosi di cogliere l’abisso eppure spaventati da tanta magnificenza, ma non ce la facciamo, perchè i sogni non si possono rinchiudere e comprendere alla perfezione.
Un mondo onirico e vaporoso quello dei Copeland in questo nuovo album che segna, ancora una volta, un passo avanti in quella via di sperimentazione costante che ormai caratterizza il lavoro di Aaron Marsh e compagni. Non che la band non ritrovi gusti e magie del passato (pensiamo all’elettronica di “Ixora”, ad esempio, o gli struggimenti di “Eat, Sleep, Repeat”), certo, ma le fonde, le sublima, le amalgama e le valorizza per avere sempre qualcosa di nuovo e cangiante, ascolto dopo ascolto, lo voglio ripetere, perchè “Blushing” è semplicemente arte mutevole e in costante mutamento. La grande bellezza di un piano, di voci che accarezzano i nostri sensi, di archi sublimi (“Strange Flower”, “On Your Worst Day” e “Waltz On Water” sono qualcosa di commovente), di improvvise aperture chitarristiche (“Colorless”), di ritmi che partono agganciandosi al nulla (“As Above, So Alone”), ma anche di fiati che fanno capolino a impreziosire un mondo sonoro che già di per sè ci sta facendo piangere dall’emozione. Lo studio assoluto di quanto i silenzi e le ombre possano essere apprezzati e non deturpati da bagliori luminosi. Non è la somma delle variabili che rende spiazzante e magnifico il tutto, è l’uso in modo sublime di ogni piccolo dettaglio, di ogni piccola e grande sonorità che nobilita ogni singolo brano. Il lavoro in fase di scrittura e di produzione è da 10 e lode. Non scherzo.
Musica e testi da sogno, sui sogni, per sognare. Sognare di amori finiti, complessi, di danzare, di essere chiamati, desiderati, ma anche di avere paura, di essere soli, ma anche sognare una vita insieme, fatta d’amore e di geti semplici, in cui noi, però, dobbiamo fare la nostra parte. Così catturati e ipnotizzati da tutto ciò potremmo anche sognare di non doverci svegliare, per non soccombere alla tristezza stessa di non potersi più ricordare il sogno.
Dai National, ai Radiohead, a Bon Iver, passando anche per il miglior How To Dress Well, se amate e apprezzate il lavoro di questi artisti, vi prego, non abbiate paura ad accostarvi ai Copeland di “Blushing”, credo che mai come questa volta ne sarete rapiti
Come faccia Aaron Marsh a creare un legame così forte e struggente tra le emozioni e i sentimenti del mondo reale e mondo sognato io giuro non me lo spiego, ne prendo atto però e non posso fare altro che omaggiare questa vera e propria arte in musica, ascoltandola ed emozionandomi, ascolto dopo ascolto, sempre di più.