Il primo album degli Yak, “Alas Salvation”, è datato 2016, ma solo questo weekend arriva il suo successore: registrato agli Abbey Road Studios di Londra insieme a Marta Sologni (Björk, Django Django), il disco è stato poi portato a termine insieme a Jason Pierce degli Spiritualized, presente anche come ospite nell’ultima traccia del disco, “This House Has No Living Room”.
Questo nuovo LP ha però avuto molte difficoltà creative che hanno portato il trio di Wolverhampton sull’orlo del precipizio, sia economico che mentale: una volta pronto per scrivere il suo sophomore, il gruppo inglese ha visto il suo bassista Andy Jones trasferirsi in Australia.
In seguito un incontro fortuito con Jay Watson dei Tame Impala ha portato la band britannico a registrare nello studio di Kevin Parker a Perth: purtroppo la cosa non funzionò e il frontman Oli Burslem tornò nel Regno Unito e si trovò senza una casa (e costretto a vivere in un’auto), senza soldi e ovviamente senza un disco e, quando tutto sembrava andare per il verso sbagliato, fu proprio Jason Pierce a convincere gli Yak ad andare avanti con il loro progetto, nonostante le condizioni psicologiche negative del loro frontman.
Questo spirito del non aver più nulla da perdere ha dato senza dubbio maggiore determinazione al trio di Wolverhampton, che ora comprende il nuovo bassista Vincent Davies, come dimostra già il primo brano, “Bellyache”: come succederà anche nella maggior parte di questo nuovo LP, pesanti elementi psichedelici arricchiscono il loro nuovo sound (molto interessanti anche i flauti iniziali) ““ è evidente la mano della mente degli Spiritualized su questi ragazzi.
Ci sono, però, anche tratti molto più leggeri come la title-track “Pursuit Of Momentary Happiness”, una ballata sognante che mette in luce sia la malinconia (“Are you tired of being pissed and confused, vaguely amused?”), che alcune influenze psych-rock.
Anche la conclusiva “This House Has No Living Room” viaggia su sentieri più calmi e percorsi mentali particolari: dopo l’apertura con synth e drum-beat, la traccia più sperimentale di questo disco prosegue nel suo infinito viaggio (oltre otto minuti) ospitando, nella sua gentilezza, fiati e il già citato Jason Pierce, prima di un lungo e ipnotizzante outro strumentale in cui si possono ascoltare anche versi di uccelli, registrati dallo stesso Burslem attraverso la tecnica del field recording.
Ottima anche “Pay Off Vs. The Struggle” con la sua grande dose di aggressività quasi animalesca, caricata poi da riff potenti nel coro, mentre appaiono ancora una volta le trombe; mentre è “White Male Carnivore” a vincere la palma per il brano più potente del disco, con la voce di Oli decisamente adrenalinica e una strumentazione rumorosa e incazzata che arriva in faccia senza paura.
Gli Yak, pur avendo dovuto fare grandi sacrifici, sono riusciti a costruire un album destinato a rimanere, che gli ha portati a trasformarsi, a provare nuovi elementi e idee diverse da quelle del passato: siamo sicuri che questo trio potrà scriversi un buon futuro, se solo sarà capace di trovare la giusta determinazione per vincere anche in futuro.