Tripudio pop proveniente dalla Norvegia sotto forma della principessina Sigrid che piazza un debutto più che convinvente, permettendosi pure il lusso di lasciar fuori dei singoli bomba precedentemente anticipati (ma ovviamente la magica e trascinante “Don’t Kill My Vibe” e l’incalzante “Strangers” non mancano). Scelta coraggiosa, ma quando ti presenti con un disco simile, dalla tracklist inattaccabile, beh, non c’è nulla da dire se non “rischio assolutamente calcolato“.
Tagliamo subito la testa al toro: qui si respira aria pop purissima, freschissima, cristallina verrebbe da dire. Sensazioni euforiche che ci pervadono e ci catturano grazie a melodie immediate, synth a presa rapida e alla sincerità di una ragazza di 22 anni, che non ha paura di raccontarsi e di parlare della sue emozioni e delle sue paure con grande chiarezza, franchezza e semplicità , senza paroloni o metafore. Sigrid non gioca a fare la superstar, non ci vuole catturare con sguardi e ammiccamenti o vestiti in cui è più quello che non c’è rispetto a quello che c’è. No, Sigrid è così come la vediamo, deliziosamente casual verrebbe da dire, e quello che mette in musica è la sua fotografia esatta: nel pop attuale questo è fantastico e degno di nota e le fa gudagnare mezzo,se non un punto intero in fase di recensione.
Dicevamo, Sigrid fa pop. Di quello che ti fa ballare, ma anche commuovere. Quello che ti porta in pista ma che ti lascia, anche, sul letto, al buio, col telefono in attesa di un messaggio che non arriva mai. La fanciulla non inventa nulla di nuovo, sia chiaro, perchè in “Sucker Punch” ci sentirete un po’ di tutto, dai soliti ritmi anni ’80 a Robyn, passando per andamenti europop e Carly Rae Jepsen, eppure la scrittura, sempre esaltante e variegata, ammantata da un magnifico candore pop, la sua voce cangiante e disinvolta (che sale, scende, si arrampica e poi sa anche planare con dolcezza inaudita) e l’onestà assoluta della proposta, fanno la differenza.
“Sucker Punch” apre il disco con il suo ritmo gommoso e vincente, ma è con “Mine Right Now” che ritroviamo la classica scrittura di Sigrid, che parte piano e poi ci travolge nel ritornello: questo è proprio il suo marchio di fabbrica. “Don’t Feel Like Crying” e “Sight of You” sono colorate e coinvolgenti, “Level Up” è una leggera passeggiata sulle nuvole, mentre “Business Dinners” ha quell’andamento reggae che cattura all’istante. Per una “Never Mine” che ci pare l’unico punto debole del disco, perchè fin troppo scontata e poco incisiva, ecco due punti da capogiro come la ballata piano/voce di “Dynamite” (già ben conosciuta dai fan di vecchia data) e sopratutto “In Vain”, con quell’inizio in cui Sigrid pare Janis Joplin, salvo poi piazzare quel cambio di atmosfera centrale in cui tutto si scioglie magicamente nel pop.
Morale della favola, qui abbiamo realmente un disco che riuscirà a sorprendere piacevolmente gli ascoltatori, anche in un mondo come quello del pop mainstream in cui tutto sembra plastificato, preconfezionato e senza alcuna possibilità di sorpresa.
Centro perfetto per la principessina Sigrid! Non c’erano dubbi comunque…