di Fabio Campetti
Per chi non lo sapesse gli Hooverphonic sono belgi e sono in giro dall’ormai lontano 1996, 23 anni di musica di qualità ad alto livello: i loro primi due dischi, tra l’altro, li si trova spesso nelle fantomatiche playlist dei cosiddetti album seminali. Siamo in ambito trip-hop / dream pop / post wave e “A New Stereophonic Sound Spectacular” (1996) insieme a “Blue Wonder Power Milk” (1998), si fanno rispettare tuttora. Una lunga carriera quindi, imperniata sul fondatore e autore principale Alex Caller (insieme al chitarrista Raymond Geerts co-fondatore del progetto) che ha visto avvicendarsi ben quattro vocalist, escludendo il primissimo periodo a nome Hoover. Con tutte le voci femminili così variegate sono riusciti a lanciare alcune vere e proprie hit radiofoniche, che, almeno distrattamente, ognuno di noi ha incrociato una volta nella vita sui network nazionali, dalla famosissima “Mad About You”, all’altrettanto “Anger never dies”, fino alla più recente “Romantic”, piccolo successo commerciale, che, quantomeno in Italia, ha rilanciato gli Hooverphonic ai piani alti.
Quest’ultima canzone, appunto, come detto sopra, vede la nuova cantante, la 17 enne Luka Cruysberghs che ha sostituito Noemie Wolfs che, a sua volta, prese il posto della storica Geike Arnaert (citiamo anche Liesje Sadomius per il primissimo ed importante album d’esordio).
Dopo addirittura un’apparizione, come super ospiti, ad X Factor, tornano qui da noi a presentare il disco nuovo “Looking For Stars” e scelgono tre location insolite, se paragonati agli abituali tour di artisti internazionali, quindi lo storico Vox a Nonantola in provincia di Modena, la bellissima Latteria Molloy a Brescia e il Capitol di Pordenone. Niente Milano o Roma (almeno per ora). Le metropoli sono sempre affascinanti, ma la provincia non vuole sfigurare e si fa trovare pronta, quindi Latteria Molloy puntualmente sold out in prevendita come del resto quasi tutta la sua programmazione degli ultimi due mesi.
Sul palco alle 22,30 precise, senza opening act, con una scaletta piuttosto ricca, tra i quali i citati singoli, ma tante altre chicche, come l’iniziale “Concrete skin”, “The Night before” (una delle mie preferite della seconda parte della carriera) bellissima, passando per “Eden” o “Jackle Cane” o addirittura “2 Wicky” dal già citato primo lavoro, che fece parte della colonna sonora di “Io ballo da sola” di Bernardo Bertolucci e diede un po’ il via alla popolarità del progetto belga (quando ancora si chiamavano Hoover e per esigenze di copyright cambiarono, in seguito, in Hooverphonic), fino alla conclusiva “Long Time Gone”, ballata malinconica e struggente che chiude l’ultimo album e anche questa setlist, davvero emozionante.
Tanta carne al fuoco, un concerto lungo che sfiora i 25 brani e una band, nonostante la considerazione, forse anche sottovalutata in quanto a blasone, ma che ha classe da vendere e, diciamolo, Alex Caller scrive davvero bene (come se fosse un dettaglio…).
Photo Credit: Serecki, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons