Premessa. Adoro la divina Sophie Ellis Bextor. Adoro le partiture orchestarli. Adoro Ed Harcourt. Fine premessa. Quando però è troppo, beh, è troppo.
La sempre magnifica Sophie da alle stampe il suo primo ‘best of’ di una carriera solista iniziata con il nostro Spiller e poi proseguita ancora con motivetti ballabili e, successivamente, con la benedizione di Ed Harcourt, che ha cucito addosso alla fanciulla un’ estetica di pop più raffinata e ricercata.
Se c’è di mezzo il buon Ed sappiamo che le cose si possono fare importanti e particolareggiate, quindi, quella che poteva essere una semplice raccolta, ecco che diventa l’occasione per rielaborare ogni brano, anche quelli più lontani in senso temporale, in una versione orchestrale (gestita da Ed stesso ovviamente) che accentua il lato pomposo e melodrammatico.
Che vi posso dire? L’esperimento funziona per un po’, poi annoia. Sarò sincero, ma tutte le canzoncine ballabili della principessa funzionavano proprio per quel suo tiro delizioso e sbarazzino, ora invece tutto diventa fin troppo ricercato e barocco e arrivare alla fine della lunghissima tracklist non è affatto facile, ve lo assicuro. L’orchestra infatti, a tratti, cerca le raffinatezze, gli svolazzi e vuole infondere (o creare dal nulla) un lato classico, ma, paradossalmente, non mi pare funzionale nel far emergere pienamente l’aspetto melodico.
Ormai i ‘best of’ classici possono anche stufare, ne sono convinto, e il più delle volte arrivano per mere esigenze contrattuali. Possiamo premiare la voglia di cambiare le carte in tavola e di presentarsi con qualcosa di suggestivo, ma che Ed Harcourt si senta Wagner a discapito della povera Sophie (che si getta comunque a capofitto e con tutta l’anima in questa avventura, diamogliene atto), no, questo non lo accetto.
6 di stima. Ma vado a risentirmi al volo le versioni originali.