E’ già da un paio d’anni che si parla di Nilà¼fer Yania: etichettata come la nuova promessa del soul inglese, lo scorso anno è arrivata anche la nomination alla prestigiosa “Sound Of 2018”, la prestigiosa lista redatta dalla BBC, che segnala i migliori nuovi talenti della scena musicale.
La ragazza di origini turche, irlandesi e Bajan di stanza a Londra, però, è rimasta con i piedi ben per terra e ha continuato il suo percorso che l’ha portata pochi giorni fa a pubblicare questo suo debutto sulla lunga distanza, registrato a Penzance insieme a ben quattro produttori, John Congleton, Oli Barton-Wood, Will Archer e M.T. Hadley.
Riuscirà la ventitreenne musicista inglese a sopportare l’hype che l’ha circondata in questi mesi e a realizzare un album di buon valore? La domanda ci sembra lecita, visti i numerosi casi di artisti che, dopo tante buone premesse, si sono smarriti una volta arrivati all’appuntamento con il debutto sulla lunga distanza in passato.
Una risposta decisa Nilà¼fer ce la dà già con la tracklist del suo disco che comprende canzoni completamente inedite, come a voler dimostrare di lanciare una sfida, senza recuperare ciò che l’aveva già lanciata nei mesi scorsi.
Diciassette canzoni, tra cui cinque brevi interludi – fondamentalmente delle brevi pause in formato spoken-word per far respirare l’ascoltatore: i cinquantatre minuti del disco possono sembrare tanti a un primo ascolto, ma crediamo non sia così.
Si parte e ciò che ci colpisce immediatamente è che “In Your Head” non sembra trovare punti in comune con il suo passato: il sapore garage-rock melodico dei primi anni ’00 ci porta immediatamente nelle orecchie gli Strokes, che tanti della generazione di chi scrive questa recensione avevano adorato, ma che la Yanya avrà sicuramente recuperato e ascoltato più volte. L’aggiunta dei synth poi impreziosisce il brano, donando ulteriore energia e freschezza.
L’eleganza, la classe e le grandi abilità vocali di Nilà¼fer si possono notare nella successiva “Paralysed”: dietro a un’anima soul e a un’atmosfera relativamente tranquilla, spuntano chitarre convinte e decise dal sapore rock, piuttosto inaspettate, ma per nulla fuori luogo.
E parlando di cose raffinate non possiamo evitare di citare “Melt”, dai profumi jazz con quel suo splendido sax che ci rilassa e ci incanta.
“Baby Blue”, invece, si posa senza particolari problemi su territori RnB di ispirazione americana “’90s e il suo ritmo veloce inizia a fare muovere il nostro piedino; il trend continua deciso anche in “Tears”, che non nasconde le sue influenze disco.
Ci sono voluti parecchi ascolti: in primis “Miss Universe” non ci aveva proprio convinto, ma, pian piano, questo debutto ha dimostrato di saper crescere e la sua varietà nei toni, la classe di Nilà¼fer Yanya e i suoi ottimi vocali sono riusciti a farci cambiare idea. Una promozione meritata per la giovane musicista londinese.