La prima stagione si è chiusa con l’apparizione, inaspettata, ma invero gradita per tutti i fan, del malefico, ma carismatico Sensei John Kreese (Martin Kove), mentre un esausto e turbato Johnny Lawrence (William Zabka) contemplava il trofeo del torneo di karate di All Walley, finalmente vinto dopo quasi trentacinque anni di attesa grazie al suo allievo Miguel Diaz (Xolo Maridueà±a). Un trofeo che sa di rivincita per il vecchio e malandato Johnny che può così assaporare la vittoria sul suo vecchio rivale Daniel LaRusso (Ralph Macchio). Cobra Kai approda (la partenza è fissata proprio per il 24 aprile) alla sua seconda stagione sulla piattaforma You Tube e, forte del successo avuto, promette altri colpi di scena per tutti gli amanti della saga di Karate Kid.
Ciò che ha maggiormente stuzzicato i vecchi fans e anche una nuova generazione, sono stati sopratutto i continui richiami alla trilogia, richiami, si badi bene, mai troppo invasivi o melensi. Una storia che si regge sulle sue gambe e che pare da subito abbastanza credibile col vecchio e malandato Johnny ridotto, da rampollo qual’era, a fare l’aggiustatutto in tutte le ville dei ricconi di Los Angeles mentre Daniel LaRusso è diventato un imbolsito e opulento venditore di auto di lusso. Johhny fa del suo vecchio rivale il motivo della sua disfatta esistenziale e piano piano rimette in piedi il vecchio dojo del Cobra Kai attirando nuovi adepti; adolescenti problematici, insicuri, ma con tanta voglia di riscatto. Johnny proclamando a gran voce la famosa legge del pugno: colpire per primi, colpire forte, senza pietà , trasforma il suo discepolo Miguel e sopratutto il complessato Eli che il pittoresco e guascone Hawk, in ragazzi duri e motivati. I colpi di scena si susseguono per tutta la stagione e, come detto, lo spirito dei vecchi film di John G. Avildsen è sempre presente a illuminare le vicende così come la memoria del Maestro Miyagi (Pat Morita) al quale viene dedicato un episodio intero. Memoria che vive in Daniel che ne riscopre, dopo un periodo di dimenticanza, gli insegnamenti e la filosofia di vita. Il duello tra i due vecchi protagonisti non è l’unico perchè, come detto, questa è una nuova generazione e nuovi sono i protagonisti che devono misurasi non solo tra loro, ma anche con la vita stessa. I valori ritornano: il coraggio, la fiducia in se stessi, il sacrificio e il non mollare mai; gli stessi insegnamenti che permeavano i tre film originali, distillati in pillole attraverso le parole del saggio Miyagi. Siamo cresciuti con:
“Daniel San, karate qui (indicando la testa), karate qui (indicando il cuore). Karate mai qui (indicando la cintura, intesa come semplice grado di apprendimento)”
E ci siamo rimasti dentro perchè quel cinema comunicava attraverso storie tutto sommato semplici, messaggi universali. La forza di Karate Kid non era tanto nella vicenda in sè, invero banalotta, o nello svolgimento della trama che presenta pure un sacco di ingenuità , ma in un contorno vincente: attori credibili, ottime scene d’azione, perfetta colonna sonora (Bill Conti rules!) e un altissimo grado di indentificazione. Tutti noi abbiamo sognato di essere, negli anni 80, Daniel LaRusso (o anche Marty McFly, Eliott, Rocky o il Dottor Peter Venkman) perchè non rappresentava qualcosa di irraggiungibile bensì era un ragazzo con i problemi di tutti. E per ultima, cosa non trascurabile, una netta divisione tra bene e male, oddio forse una visione pò troppo manichea, ma ci sta.
Tutto ritorna dagli anni ’80, e come ritornano i sequel, alcuni riuscitissimi (vedi “Blade Runner 2049”) o i prequel o i reboot, tornano anche cose di un certo spessore e “Cobra Kai” lo è. Recuperare la trilogia originale e vedere la seconda stagione di questo nuovo prodotto con gli occhi di quello che eravamo nel 1984 non è un male, anzi forse ci aiuterebbe a sognare di più.